mercoledì 3 dicembre 2014

La gioia di vivere

Forse il sistema migliore per capire ciò che intendo per gioia di vivere sarà di riflettere sui diversi modi in cui si comportano gli uomini quando siedono a tavola. Vi sono di quelli per i quali il pasto è unicamente una noia; per buono che sia il cibo non lo trovano interessante. Hanno gustato già prima delle vivande eccellenti, probabilmente non hanno mai dovuto saltare un solo pasto. Non hanno mai saputo che cosa voglia dire restare digiuni fino a quando la fame diventa una passione rabbiosa, ma sono giunti a considerare i pasti semplicemente come avvenimenti convenzionali, dettati dalla moda della società nella quale vivono. Come ogni altra cosa, i pasti sono noiosi, ma è inutile dar loro troppo peso perché niente altro sarebbe meno noioso. Poi vi sono gli invalidi, che mangiano per un senso del dovere, perché il dottore ha detto loro che è necessario nutrirsi per mantenersi in forza. Poi vi sono gli epicurei, che cominciano speranzosi, ma poi trovano che nessun piatto è stato cucinato bene come si dovrebbe. Poi vi sono i golosi, che si gettano sul cibo con ingordigia, mangiano tropo, diventano pletorici e di notte russano. Finalmente vi sono coloro che cominciano con sano appetito, sono soddisfati delle vivande, mangiano fino a sazietà e poi si fermano. L'uomo felice corrisponde all'ultimo dei nostri mangiatori. Ciò che la fame è rispetto al cibo, la gioia di vivere è rispetto alla vita. L'uomo che è seccato di mettersi a tavola corrisponde alla vittima dell'infelicità byroniana. L'invalido che mangia per un senso del dovere corrisponde all'asceta, il goloso al voluttuoso. L'epicureo corrisponde a quel tipo di persone difficili e schizzinose che condannano come non estetici metà dei piaceri della vita. Questi, ad eccezione forse del goloso, nutrono disprezzo per l'uomo di sano appetito e si considerano a lui superiori. Dall'alto del loro scetticismo abbassano lo sguardo su coloro che disprezzano come anime semplici. Per parte mia non nutro simpatia per questo modo di vivere. [...] Più sono le cose alle quali un uomo si interessa, e maggiori occasioni di felicità egli ha, e tanto meno è in balia del destino, poiché se perde una cosa può ripiegare su di un'altra. La vita è troppo breve per potersi interessare a tutto, ma è bene interessarsi a tutte quelle cose che sono necessarie per riempire la nostra giornata. [...] La mente è una macchina strana che può combinare nei modi più vari e sorprendenti i materiali che le vengono offerti, ma senza materiali del mondo esterno è impotente e deve prendersi da sé i suoi materiali, poiché gli avvenimenti diventano esperienze soltanto mediante l'interesse che suscitano in noi: se non ci interessano, non ci servono. Quindi l'uomo la cui attenzione è volta all'interno non trova nulla che sia degno d'esser notato, mentre l'uomo la cui attenzione è volta all'esterno può trovare in sé, nei rari  momenti in cui esamina la sua anima, il più vario e interessante assortimento di ingredienti separati e quindi riamalgamati in forme belle od istruttive. [...] Si ricorderà che tra i nostri diversi tipi di convitati abbiamo incluso il goloso, che non eravamo preparati a lodare. Il lettore può pensare che l'uomo felice di essere al mondo da noi decantato, non differisce in modo definibile dal goloso. Ora è venuto il momento in cui dobbiamo tentare di fare una distinzione tra i due tipi più definiti. [...] In una vita buona deve esistere un equilibrio tra le diverse attività, e nessuna di esse deve essere spinta al  punto da rendere impossibile le altre. Il goloso sacrifica tutti gli altri piaceri a quello del mangiare e così facendo diminuisce la felicità complessiva della sua vita. Gli alcolizzati e i ninfomani sono esempi palesi della stessa specie di cose. Il principio, in simili questioni è evidente.  Tutti i nostri gusti e desideri devono adattarsi allo schema generale della vita. Se devono essere una fonte di felicità bisogna che siano compatibili con la salute con l'affetto di coloro che amiamo e con il rispetto della società nella quale viviamo. Vi sono delle passioni alle quali ci si può abbandonare quasi completamente senza oltrepassare questi limiti, altre no. L'uomo. poniamo che ama gli scacchi se è uno scapolo provvisto di mezzi, non  ha bisogno di porre freno di sorta alla sua passione. L'alcolizzato e il goloso, anche se non hanno legami sociali, sono poco saggi da un punto di vista strettamente personale, perché il loro vizio va a scapito della loro salute, procura loro ore di sofferenza in cambio di pochi minuti di piacere. Certe cose formano una cornice entro la quale ogni passione deve vivere, se non si vuole che diventi fonte di sofferenza. Tali cose sono la salute, il possesso delle proprie facoltà, un reddito sufficiente per garantirsi il necessario, e i più essenziali doveri sociali, quali quelli verso la moglie e i figli. L'uomo che sacrifica queste cose agli scacchi è sostanzialmente malvagio quanto l'alcolizzato. Io credo che vi sia sempre qualche recondita differenza psicologica tra il goloso e l'uomo di buon appetito. L'uomo nel quale un solo desiderio arriva all'eccesso a scapito di tutti gli altri, è solitamente un uomo che ha in sé qualche profonda fonte di scontento, che cerca di sfuggire a uno spettro. [...] Non è il piacere nell'oggetto in sé che cerca, ma l'oblio. [...] Ciò che però costituisce una grandissima differenza è se l'oblio viene cercato in modo stupido, o invece esercitando delle facoltà in se stesse desiderabili. La cosa è diversa quando l'uomo cerca l'oblio nel bere o nel gioco perché è un eccitamento senza profitto. [...] Una genuina voglia di vivere, non della specie che è in realtà una ricerca dell'oblio, fa parte della naturale conformazione degli esseri umani eccetto quando sia stata distrutta da circostanze disgraziate. I bambini si interessano a tutti ciò che sentono e vedono; il mondo è pieno di sorprese per loro ed essi sono sempre appassionatamente impegnati nella ricerca della conoscenza, non naturalmente della conoscenza scolastica, ma di quella conoscenza che consiste nell'acquistare familiarità gli oggetti che attirano la loro attenzione. L'uomo che non è mai stato fondamentalmente ostacolato, serberà il suo naturale interesse per il mondo esterne, e fintanto che lo serba, troverà la vita piacevole, a meno che la sua libertà non sia indebitamente limitata. [...] Alcuni uomini serbano la gioia di vivere ad onta degli ostacoli frapposti dalla vita civile, e molti uomini potrebbero farlo se fossero liberi dagli intimi conflitti psicologici che consumano gran parte della loro energia. La gioia di vivere richiede più energia di quella sufficiente per il lavoro necessario, e questo a sua volta richiede che la macchina psicologica lavori regolarmente e senza inciampi. Delle cause che favoriscono questo lavoro regolare avrò ancora da dire nei capitoli che seguono. [La conquista della felicità, B. Russell]

martedì 2 dicembre 2014

È ancora possibile la felicità?

Dalle conversazioni e dai libri di alcuni amici miei sono quasi stato indotto a concludere che nel mondo moderno la felicità è diventata impossibile. Trovo però che questa opinione tenda ad essere dissipata dall'introspezione, dai viaggi all'estero e dai discorsi del mio giardiniere. [...] La felicità è di due specie; sebbene, naturalmente, vi siano dei gradi intermedi. Queste possono essere qualificate come semplice e fantasiosa, o animale e spirituale, o dal cuore e dal cervello. [...] Forse il modo più facile di descrivere la differenza tra le due specie di felicità è dire che una specie è accessibile ad ogni essere umano, e l'altra solamente a coloro che sanno leggere e scrivere. Quando ero ragazzo, conoscevo un uomo che scoppiava di felicità, ed era scavatore di pozzi. Era eccezionalmente alto e aveva dei muscoli portentosi; non sapeva né leggere né scrivere. La sua felicità non derivava da fonti intellettuale; non era basata sulla fede nella legge naturale, o sulla perfettibilità della specie, o sulla proprietà pubblica delle utilità pubbliche. [...] La sua felicità era basata sul vigore fisico, sul lavoro assicurato in misura sufficiente, e sulla capacità di abbattere gli ostacoli non insuperabili che gli si presentavano nello scavare la roccia. [...] I piaceri, che derivano dal raggiungimento di uno scopo, esigono all'inizio delle difficoltà tali da far dubitare del successo, sebbene alla fine solitamente lo si consegua. Questa è forse la ragione principale per la quale una stima non eccessiva nelle proprie capacità è una sorgente di felicità. L'uomo che si sottovaluta resta sempre sorpreso di fronte ai suoi successi mentre l'uomo che ha un eccessivo concetto di sé resta altrettanto spesso sorpreso di fronte ai suoi insuccessi. La prima forma di sorpresa è piacevole, la seconda spiacevole. [...] Il cinismo che tanto di frequente si riscontra in occidente nei giovanotti e nelle ragazze che hanno avuto un'educazione superiore, nasce da una combinazione di abitudine alla comodità e di incapacità. L'incapacità fa si che la gente pensi che nulla vale la pena di essere fatto e la vita comoda rende sopportabile questo triste concetto. In altre circostanze, la persona, non essendo né incapace né agiato, diventa un riformatore o un rivoluzionario, non un cinico. Non intendo sostenere, tuttavia, che queste nobili forme di felicità siano le uniche possibile. In realtà esse non sono accessibile che ad una minoranza, poiché richiedono un'abilità e una vastità di interesse che non possono essere molto comuni. Non bisogna credere che soltanto ai grandi scienziati sia possibile trovare piacere nel proprio lavoro. Il piacere de lavoro è accessibile a chiunque possa svolger un'abilità specializzata, purché possa trovare soddisfazione nell'esercizio della sua abilità, senza esigere il plauso universale. [...] La fede in una causa è fonte di felicità per un grande numero di persone. Non alludo soltanto ai rivoluzionari, ai socialisti, ai nazionalisti dei paesi oppressi, e simili; alludo anche ad un'infinità di fedi di specie assai più umile. [...] Coloro che hanno un genuino interesse in un qualsiasi motivo sono provvisti di una occupazione per le loro ore d'ozio, e di un antidoto sicuro contro la sensazione che la vita sia vuota. [...] Manie e passioni innocue, tuttavia, in molti casi, anzi forse nella maggioranza dei casi, non sono una fonte fondamentale di felicità, ma un mezzo di evadere dalla realtà, o di dimenticare momentaneamente qualche cruccio troppo grave per esser affrontato. La felicità fondamentale dipende più di qualunque altra cosa da ciò che si può chiamare un cordiale interesse per le persone e le cose. Un cordiale interesse per le persone è una forma di affetto, ma non l'affetto avido che tende al possesso e che sempre cerca un'enfatica responsione. Quest'ultima forza è molto spesso fonte di infelicità. La forma che favorisce la felicità è quella che ama osservare le persone e trova piacere nelle loro caratteristiche individuali; che desidera fornire uno scopo agli interessi e ai piacere di coloro con i quali viene a contatto, senza desiderare di acquistare potere su di esse, o di assicurarsi la loro entusiastica ammirazione. La persona il cui atteggiamento verso gli altri è sinceramente di questa specie sarà una fonte di felicità e di reciproca gentilezza. I suoi rapporti con gli altri, sia quelli fuggevoli che quelli stabili, soddisfaranno sia i suoi interessi che la sua espansività; non sarà ferito dall'ingratitudine, poiché difficilmente l'incontrerà, e quand'anche questo accadesse, non se ne accorgerebbe. Le stessi idiosincrasie che a un altro uomo darebbero sui nervi fino al punto di esasperarlo, saranno per lui una fonte di bonario divertimento. Egli otterrà senza sforzo risultati che un altro uomo, dopo lunghe battaglie, giudicherà irraggiungibile. Essendo contento dentro di sé, sarà un compagno piacevole, e ciò a sua volta aumenterà la sua felicità. Ma tutto questo deve essere spontaneo. Non deve avere origine da un'idea di sacrificio personale ispirata da un senso del dovere. Il senso del dovere è utile nel lavoro, ma nocivo nei rapporti personali. La gente desidera riuscire simpatica, non essere sopportata con paziente rassegnazione. [...] Ho parlato anche, nell'ultimo paragrafo, di ciò che chiamo un cordiale interesse per le cose. Questa frase può sembrare forzata; si può obbiettare che è impossibile provare della cordialità per le cose. Vi è qualcosa di analogo alla cordialità nella specie di interesse che un geologo ha per le rocce, o un archeologo per le rovine, e questo interesse dovrebbe essere un elemento del nostro atteggiamento verso gli individui o le società. Un interesse per le cose impersonali, sebbene forse meno efficace, quale ingrediente della felicità quotidiana, di un atteggiamento cordiale verso i nostri simili, è tuttavia molto importante. Il mondo è vasto e le nostre forze limitate. Se tutta la nostra felicità dipende completamente dai nostri casi personali, è difficile non domandare alla vita più di quanto esse possa dare. L'uomo che può dimenticare le sue preoccupazioni grazie ad un interesse genuino, poniamo, per il Concilio di Trento, o la storia delle stelle, scoprirà, tornando dalla sua escursione nel mondo impersonale, d'avere acquistato  un equilibrio e una calma che gli rendono possibile affrontare le sue preoccupazioni nel modo migliore, e al tempo stesso avrà sperimentato una felicità reale, anche se temporanea. Il segreto della felicità è questo; fate in modo che i vostri interessi siano il più possibile numerosi e che le vostre reazioni alle cose e alle persone che vi interessano siano il più possibile cordiali anziché ostili. [La conquista della felicità, Russell]

Forme di estensione interiore.

"Il saggio, diciamolo subito, è senza idee. «Senza idee» significa che evita di mettere un'idea davanti alle altre - a scapito delle altre; non c'è un'idea [...] a partire dalla quale il suo pensiero potrebbe dedursi o almeno dispiegarsi. [...] Una volta posto [un principio], il resto segue. Ma appunto in questo consiste la trappola [...]. Appena avanzata, l'idea ha fatto rifluire le altre, salvo poi integrarle, o piuttosto le ha già soffocate di soppiatto. Il saggio teme il potere ordinatore del primo elemento. Quindi, baderà a mantenere le «idee» sullo stesso piano [...]: tenerle ugualmente possibili, ugualmente accessibili [...]. «Senza idee» significa che il saggio non è posseduto da nessuna, prigioniero di nessuna di esse. [...] Appena cominciamo ad avanzare una idea [...] è tutto il reale ad arretrare di colpo [...]. La prima idea avanzata [...] ci ha inclinati da una parte, e l'altra è perduta, [...] affonderemo sempre, sempre presi negli anfratti e nei cunicoli del pensiero e senza mai più tornare alla superficie, piana, quella dell'evidenza. [...] Ogni prima idea è infatti già settaria [...]: si è condannati a un punto di vista particolare". [Il saggio è senza idee, François Jullien]

lunedì 1 dicembre 2014

Testi fase I

Fase I
  1. 1894 “Le neuropsicosi da difesa”
“Nei pazienti da me analizzati vi era stata sanità psichica fino al momento in cui nella loro vita ideativa si era presentato un caso di incompatibilità, ossia fino a quando al loro Io non si era presentata un’esperienza, una rappresentazione, una sensazione che aveva suscitato un affetto talmente penoso, che il soggetto aveva deciso di dimenticarla, convinto di non avere la forza necessaria a risolvere, per lavoro mentale, il contrasto esistente tra questa rappresentazione incompatibile e il proprio Io.

Nei soggetti di sesso femminile, simili rappresentazioni incompatibili si sviluppano per lo più sul terreno delle esperienze e della sensibilità sessuali[...]

[…] Il compito che l’Io si assume quando si trova in stato di difesa, e cioè quello di non arrivare alla rappresentazione incompatibile, non può essere direttamente assolto dall’Io; una volta comparsi, sia la traccia mnestica che l’affetto che aderisce alla rappresentazione non possono più essere cancellati. Questo compito può tuttavia essere approssimativamente assolto quando si riesca a rendere debole, da forte che era, la rappresentazione, strappandole il suo affetto, la somma di eccitamento di cui essa è gravata. La rappresentazione, così indebolita, non avrà più da rivalersi sul lavoro associativo; la somma di eccitamento che è stata staccata da essa deve però essere indirizzata verso un’altra utilizzazione.

Fino a questo punto, l’isteria, le fobie e le ossessioni mostrano di seguire uno stesso processo; da qui in avanti, però, le loro strade si separano. Nell’isteria, infatti, la rappresentazione incompatibile è resa inoffensiva dal fatto che la sua somma di eccitamento viene trasformata in qualcosa di somatico,

Se i soggetti con disposizione [alla nevrosi] non hanno attitudine alla conversione ma se, tuttavia, per difesa da una rappresentazione incompatibile, ne vengono separando il suo affetto, allora questo affetto è costretto a restare nella sfera psichica. La rappresentazione, indebolita, rimane nella coscienza, esclusa da ogni associazione; il suo affetto, divenuto libero, aderisce però ad altre rappresentazioni, in sé non incompatibili, che, a loro volta, a causa di questo “falso nesso”, si trasformano in rappresentazioni ossessive.

Esiste per altro una forma di difesa, più energica ed efficace, consistente nel fatto che l’Io respinge la rappresentazione incompatibile unitamente al suo affetto e si comporta come se, all’Io, la rappresentazione non fosse mai pervenuta. Solo che, nel momento in cui ciò si attua, il soggetto viene a trovarsi in uno stato di psicosi classificabile solo come “follia allucinatoria”. Basti un unico esempio a chiarire una tale affermazione.

È quindi giustificato asserire che l’Io si è difeso dalla rappresentazione incompatibile con la fuga nella psicosi;151 il processo mediante cui ciò è avvenuto si sottrae e all’autopercezione e all’analisi clinico-psicologica. Esso va considerato espressione di una disposizione patologica di grado notevolmente elevato e può forse essere illustrato come segue: l’Io si strappa alla rappresentazione incompatibile, ma questa è inseparabilmente connessa a un pezzo di realtà; l’Io, strappandosi a essa, si stacca dunque, in tutto o in parte, anche dalla realtà.152 Questa è, a mio parere, la condizione che permette di dare allucinatoriamente vita alle proprie rappresentazioni, per il che il soggetto, una volta felicemente attuata la difesa, si ritrova nello stato di follia allucinatoria.

  1. 1896 Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa
Un un mio breve saggio del 1894 (Le neuropsicosi da difesa) ho raggruppato, sotto il nome di “neuropsicosi da difesa”, l’isteria, le ossessioni, nonché alcuni casi di confusione allucinatoria acuta, in quanto queste affezioni hanno tutte un punto in comune: i loro sintomi provengono dal meccanismo psichico della difesa (inconscia), cioè dal tentativo di rimuovere una rappresentazione incompatibile entrata in penoso conflitto con l’Io del malato.

Le esperienze di questi ultimi due anni hanno rafforzato la mia tendenza a considerare la difesa come il nucleo del meccanismo psichico delle suddette nevrosi,

Nella mia comunicazione del 1894 sulle nevrosi da difesa non fu chiarito perché, nel soggetto fino ad allora sano, lo sforzo di dimenticare una tale [tarda] esperienza traumatica potesse avere il risultato di portare effettivamente all’agognata rimozione, aprendo così le porte alla nevrosi da difesa. Ciò non poteva dipendere dalla natura dell’esperienza, dal momento che altre persone erano rimaste sane nei medesimi frangenti. L’isteria dunque non poteva essere interamente spiegata dall’azione del Nella mia comunicazione del 1894 sulle nevrosi da difesa non fu chiarito perché, nel soggetto fino ad allora sano, lo sforzo di dimenticare una tale [tarda] esperienza traumatica potesse avere il risultato di portare effettivamente all’agognata rimozione, aprendo così le porte alla nevrosi da difesa. Ciò non poteva dipendere dalla natura dell’esperienza, dal momento che altre persone erano rimaste sane nei medesimi frangenti. L’isteria dunque non poteva essere interamente spiegata dall’azione del trauma, e si doveva perciò ammettere che già prima del trauma esistesse nel soggetto una suscettibilità alla reazione isterica., e si doveva perciò ammettere che già prima del trauma esistesse nel soggetto una suscettibilità alla reazione isterica.

A questa imprecisata disposizione isterica possiamo ora sostituire, in tutto o in parte, l’azione postuma del trauma sessuale infantile.

  1. 1892 Studi sull'isteria.

Il modo isterico della difesa – per il quale appunto si richiede una particolare attitudine – sta dunque nella conversione dell’eccitamento in un’innervazione corporea, e il vantaggio di questo è che la rappresentazione incompatibile risulta rimossa dalla coscienza dell’Io. In cambio la coscienza dell’Io contiene la reminiscenza corporea prodottasi con la conversione – nel nostro caso le sensazioni olfattive soggettive – e soffre per l’affetto che più o meno chiaramente si collega appunto a queste reminiscenze.

Di quali mezzi si dispone (come analisti) dunque per vincere questa continua resistenza?

Si deve riflettere, anzitutto, che la resistenza psichica, specialmente se si è costituita da molto tempo, può essere risolta solo lentamente e per gradi, e occorre attendere con pazienza. In seguito, si può contare sull’interesse intellettuale che comincia a destarsi nel paziente dopo un breve lavoro. Illuminandolo, fornendogli spiegazioni sullo strano mondo dei fatti psichici, nel quale si è riusciti a penetrare proprio con queste analisi, si fa di lui un collaboratore, lo s’induce a considerare sé stesso con l’interesse obiettivo del ricercatore, e si respinge in tal modo la resistenza che poggia su una base affettiva. Infine però – e questa rimane la leva più potente – si deve tentare, dopo avere indovinato i motivi della sua difesa, di svalutarli o di sostituirli con altri più potenti. Qui certo cessa la possibilità di mettere in formule l’attività psicoterapeutica. Si agisce come meglio si può, come chiaritore (dove l’ignoranza ha dato luogo alla paura), come insegnante, come rappresentante di un modo più libero o superiore di vedere il mondo, come confessore che dà in certo modo l’assoluzione con il mantenere la propria simpatia e stima dopo la confessione resa; si cerca di dare al paziente un’assistenza sul piano umano, nella misura in cui i limiti della propria personalità e il grado di simpatia che si riesce ad avere per il caso lo consentono. Presupposto indispensabile per tale attività psichica è che si siano indovinati con sufficiente approssimazione la natura del caso e i motivi della difesa in esso attiva, e fortunatamente la tecnica dell’insistere e il procedimento della pressione conducono proprio sino a questo. Quanto maggiore è il numero degli enigmi di questa specie che si sono già risolti, tanto più facile sarà forse risolverne uno nuovo e tanto più presto si potrà iniziare il lavoro psichico curativo vero e proprio. Perché si deve ben tener presente il seguente punto: benché il paziente si liberi dal sintomo isterico soltanto riproducendo le impressioni patogene che lo causano ed esprimendole con tutte le manifestazioni affettive, pure il compito terapeutico consiste soltanto nello spingerlo a questo, e una volta che questo compito sia risolto, al medico non rimane più nulla da correggere o da abolire. Tutto ciò che occorre in fatto di controsuggestione, è già stato impiegato durante la lotta contro la resistenza. Il caso può in certo modo paragonarsi all’apertura di una porta chiusa a chiave; quando la chiave ha funzionato, abbassare la maniglia per aprire la porta non presenta più alcuna difficoltà.


Accanto ai motivi intellettuali a cui si ricorre per superare la resistenza, si potrà raramente fare a meno di un fattore affettivo, il valore personale del medico; e in molti casi questo solo fattore sarà capace di eliminare la resistenza. Qui le cose non stanno in un modo diverso che nella medicina in genere e a nessun metodo terapeutico si potrà chiedere di rinunciare completamente a questo fattore personale.

lunedì 29 settembre 2014

Strategie nel trattamento del disturbo borderline di personalità

Con tale termine si intende a ciò che negli altri approcci clinici è considerato nei termini di procedure, protocolli e tecniche. Questo vocabolo è preferibile in quanto si può utilizzare per indicare sia il significato di un intervento, sia le forme specifiche con le quali si svolge la sua realizzazione. I quatto gruppi di strategie presentate sono: dialettiche, nucleari, stilistiche e di gestione del case. Le strategie dialettiche sono le più rappresentate e si ritrovano in modo ubiquitario in ogni fase e in ogni aspetto del trattamento. Quelle nucleari comprendono delle tecniche di problem-solving e le strategie di validazione e si collocano per definizione, inseme con quelle dialettiche al centro del modello. Le strategie stilistiche si estrinsecano nella scelta, lungo il corso della terapia, degli stili relazionali e comunicativa di volta in volta più adeguati. Quelle di gestione del  caso infine implicano la regolazione delle interazioni che si svolgono tra il terapeuta e l'ambiente sociale.

Strategie dialettiche

Si sviluppano a partire dalla stessa concezione filosofica che sta alla loro base: "la realtà è un processo globale che si evolve e si trasforma incessantemente". Queste strategie mettono in evidenza le tensioni creative generate dalla presenza di aspetti contrastanti nelle emozioni, negli schemi cognitivi, nei sistemi di valore e nelle strategie comportamentali utilizzati dalle persone. L'elemento dialettico fondamentale della terapia consiste nel riconoscere la possibilità di un cambiamento che si svolga entro i limiti di una sostanziale accettazione della realtà. Questo viene facilitato attraverso la valorizzazione delle tensioni dialettiche che sorgono nelle relazioni del paziente e mettendo in evidenza le posizioni contrapposte che possono manifestarsi nelle relazioni. L'obiettivo finale è favorire l'integrazione e la risoluzione delle contraddizioni permettendo di giungere a una condizione più vivibile e funzionale.
L'esplorazione della relazione tra terapeuta e paziente, come del materiale portato dal paziente, porterà all'individuazione di aspetti contrapposti e antitetici, l'aderenza rigida all'uno o all'altro polo di un equilibrio dialettico condurrà, invece, a una crescita della tensione tra paziente e terapeuta, e quasi sempre, all'arroccamento di uno dei due su una posizione prestabilita piuttosto che alla progressione verso un'integrazione e una crescita che richiede sempre la gestione equilibrata di aspetti contrapposti.
I movimenti dialettici presenti all'interno di una relazione sono paragonabili ai passi di una danza. Bisogna "corrispondere" al partner, stargli vicino e seguirne le movenze, cercare di spingerlo un po' oltre il suo equilibrio, continuando però a tenerlo con una mano per fornirgli una guida stabile e permettergli di rilassarsi e farsi trasportare dalla musica. Nella maggior parte dei casi il paziente assomiglia più a un ballerino che si muove vorticosamente, senza essere in grado cd controllare i suoi movimenti. Il compito del terapeuta, allora diviene quello di muoversi velocemente insieme con lui e impedirgli di finire fuori pista, controbilanciando ogni movimento.

La via del paradosso
Un esempio tipico di dilemma del soggetto borderline è quello di decidere in presenza di un disaccordo o di una situazione di confronto chi ha ragione e chi ha torto. E' difficile per lui, contemplare la possibilità che entrambi li interlocutori abbiano ragione o torno, poiché la relazione terapeutica molte volte, è la prima relazione nella quale ha a che fare con qualcuno che, durante la contesa, ribadisce le proprie ragioni affermando nello stesso tempo la legittimità della posizione del suo interlocutore. E l'aspetto più caratteristico ed essenziale della terapia dialettico-comportamentale consiste nel fatto che il terapeuta, spesso, valida la posizione del paziente, senza nello stesso tempo "arrendersi" o modificare i suoi comportamenti.
L'essenza delle strategie fondate sul paradosso consiste nel rifiuto da parte del terapeuta di cercare di aiutare il paziente a risolvere i suoi dissidi perdendosi in disquisizioni logiche o intellettuali.

domenica 7 settembre 2014

Abilità di regolazione emozionale

I pazienti borderline sono individui emotivamente intensi e labili (con profondi affetti di rabbia, intensa frustrazione, depressione e ansia) associabili all'incapacità di regolare e modulare le emozioni dolorose. Dal loro punto di vista, i sentimenti penosi costituiscono "Il problema da risolvere", i comportamenti disfunzionali, come l'uso di sostanze, rappresentano la soluzione. La strategia nucleare del soggetto borderline per la regolazione emozionale è l'imporsi di non sentire ciò che sta provando, questa modalità è stata appressa dall'ambiente emotivamente invalidante in cui il soggetto è vissuto e dal quale ha appresso a sorridere quando è infelice, essere amabile quando è arrabbiato etc. La capacità di regolazione emozionale dipende dalle abilità di mindfulness, in particolare l'osservazione non giudicante e la descrizione delle proprie risposte emotive. IL presupposto teorico è che i disagi emotivi dei borderline derivino in gran parte dalle risposte secondarie (vergogna, ansia  o rabbia) ad emozioni primarie, che spesso, risulterebbero adattative ed adeguatela contesto. 
Abilità specifiche di regolazione emozionale
Identificare e denominare gli affetti
Rappresenta il primo fatto nel processo di regolazione delle emozioni, in particolare si riferisce all'osservazione:
1) Della situazione che suscita l'emozione.
2) L'interpretazione della situazione che suscita l'emozione.
3) L'esperienza fenomenologica dell'emozione, comprese le sensazioni somatiche.
4) I comportamenti espressivi associati.
5) Gli effetti secondari dell'emozione sugli altri aspetti del proprio funzionamento.
Identificare gli ostacoli al cambiamento delle emozioni
Il comportamento emotivo è necessario al funzionamento dell'individuo. Per modificarlo è necessario identificare la funzione di un'emozione e dei suoi rinforzi. Solitamente queste servono per comunicare con gli altri e per motivare il comportamento, in più i comportamenti emotivi possono avere altre funzioni, la prima è quella di influenzare e controllare i comportamenti degli altri, la seconda è la rappresentazione delle percezioni e delle interpretazioni soggettive degli eventi. 
Ridurre la vulnerabilità alla "mente emotiva"
Ogni individuo è suscettibile alla reattività emotiva in condizioni di stress, per questo i comportamenti che costituiscono il bersaglio di questa categoria comprendono: un'alimentazione bilanciata e sane abitudini alimentari, dormire a sufficienza ma non troppo, fare un sano esercizio fisico, curare le malattie del corpo, evitare l'assunzione di farmaci se non prescritti e incrementare l'autostima impegnandosi in attività che contribuiscano a rafforzare il senso della propria efficacia e competenza. Quest'ultimo punto è molto simile alla programmazione delle attività della terapia cognitiva della depressione.
Incrementare gli eventi a valenza emozionale positiva.
Le percezioni del soggetto borderline tendono a distorcersi in condizioni di alta emotività, ma ciò non significa che le emozioni siano di per sé il risultato di percezioni distorte. Una efficace maniera per controllare le emozioni è quella di controllare gli eventi che le suscitano. Aumentare il numero di situazioni ed eventi piacevoli è un modo di incrementare le emozioni e gli stati d'animo positivi. A breve termine ciò consiste nell'intensificare le esperienza positive della vita di tutti i giorni.
Incrementare l'attenzione consapevole e non giudicante alle emozioni del momento.
Centrale è la capacità di esperire una emozione senza giudicarla e senza tentare di inibirle, bloccarle o distrarsi da esse. IL concetto fondamentale è che l'esposizione ad emozioni intense o dolorose, senza che ciò si associno conseguenze negative, estinguerà la loro capacità di stimolare affetti negativi secondari. Se una persona giudica cattive o sbagliate le emozioni negative è naturare che ogni volta che ne farà esperienza, proverà sentimenti di colpa, rabbia e o  ansia. Il sovrapporsi di questi sentimenti secondari auna situazione già di per sé negativa non farà altro che aumentare il disagio del paziente e gli renderà sempre più difficile sopportare l'angoscia.
Applicare le tecniche di tolleranza della sofferenza mentale/angoscia.
Sopportare una emozione negative senza attuare condotte impulsive che possano peggiorare la situazione è naturalmente uno dei modi per modulare l'intensità e la durate dell'emozione.
Schede
Obiettivi dell'apprendimento della regolazione emozionale
Opinioni comuni sulle emozioni
Un modello descrittivo delle emozioni
Come descrivere le emozioni
A cosa servono le emozioni
Come restare fuori dalla mente emotiva
Passaggi progressivi finalizzati ad incrementare le emozioni positive.
Lasciare andare la sofferenza emotiva
Modificare le emozioni attuando comportamenti di segno opposto.

lunedì 25 agosto 2014

L'utopia di Moro (1518)

Moro è ricordato quasi unicamente per la sua Utopia (1518). Utopia è un'isola nell'emisfero meridionale, dove tutto va nel miglior modo possibile. Ad Utopia, come nella repubblica di Platone, tutte le cose sono in comune, perché non si può avere pubblico bene là dove esiste la proprietà privata, e senza il comunismo non ci può essere eguaglianza. Moro, nel dialogo, obietta che il comunismo renderebbe gli uomini pigri e distruggerebbe il rispetto per i magistrati; a questo viene replicato che nessuno che fosse vissuto ad Utopia direbbe qualcosa di simile. Ad Utopia ci sono cinquantaquattro città, tutte di eguale importanza, meno una che è la capitale. Tutte le strade sono larghe venti piedi, e tutte le case d'abitazione sono uguali, con una porta sulla strada e una sul giardino. Non ci sono serrature alle porte, e tutti possono entrare in qualunque casa. Ogni dieci anni la gente cambia casa, a quanto pare per escludere qualsiasi sentimento di proprietà. Nelle campagne ci sono fattorie, in ciascuna delle quali non vivono meno di quaranta persone compresi due schiavi; ciascuna fattoria è sotto la guida di un signore e di una signora, vecchi e saggi. Tutti sono vestiti allo stesso modo, e c'è solo differenza tra i vestiti degli uomini e delle donne, e tra quelli delle persone sposate non sposate. Le mode non cambiano mai, e non c'è differenza tra abbigliamenti estivi ed invernali. Tutti gli uomini come lo donne lavorano sei ore al giorno, tre prima di pranzo e tre dopo. Di prima mattina ci sono delle lezioni a cui si recano delle moltitudini, benché non esista alcun obbligo di parteciparvi. Sei ore di lavoro sono sufficienti, perché non esistono pigri e non ci sono lavori inutili. Da noi le donne, i preti, i ricchi, i servitori e i mendicanti per lo più non fanno nulla di utile, e anzi si impegna molto lavoro per produrre a favore dei ricchi cose lussuose e non necessarie: tutto questo ad Utopia è evitato. Alcuni vengono prescelti per diventare uomini di cultura, e, se danno buon risultato, vengono esentati dagli altri lavori. Tutti coloro che devono occuparsi del governo vengono scelti tra i dotti. Il governo è una rappresentanza democratica, con un sistema di elezioni indirette; alla testa c'è un principe eletto a vita, ma che può venir deposto qualora scivolasse nella tirannide. La vita familiare è patriarcale, i figli sposati vivono nella casa del padre e restano sotto la sua guida, a meno che non sia rimbambito.Se una famiglia diventa troppo numerosa i bambini in eccesso vengono assegnati ad un altra famiglia. Se una città diventa troppo grande, alcuni abitanti vengono trasferiti in un'altra. Se tutte le città sono troppo grandi, viene costruita una nuova città. non si dice nulla so ciò che andrà fatto quando tutto il territorio sarà coperto di costruzioni. L'uccisione delle bestie per procurarsi del cibo è effettuata dagli schiavi, per evitare che i liberi possano apprendere la crudeltà. Ci sono degli ospedali così perfetti che i malati li preferiscono alle proprie case. Mangiare a casa è permesso, ma la maggior parte del popolo mangia in saloni comuni. Quanto al matrimonio, sia gli uomini che le donne sono severamente puniti se non sono vergini quando si sposano. Esiste il divorzio per adulterio e per "intollerabile ostinazione " di una delle due parti, ma il colpevole non può risposarsi. A volte il divorzio è ammesso senza che vi sia colpa di uno dei coniugi ma unicamente quando entrambe le parti lo desiderano. Chi viola il vincolo matrimoniale viene punito con la schiavitù. Esiste un commercio estero, principalmente per procurarsi il ferro che nell'isola non c'è. Si utilizza il commercio anche a scopi bellici. Gli Utopici non tengono in nessuna considerazione la gloria marziale benché tutti imperino a combattere, le donne come gli uomini. Si decidono alla guerra per tre motivi: per difendere il proprio territorio quando  invaso, per liberare dagli invasori il territorio di un alleato, per liberare dalla tirannide, nazione oppressa. Ma quando possono, impiegano dei mercenari per combattere le guerre in vece loro. Per sé non hanno denaro, ed insegnano il disprezzo per l'oro adoperandolo per i vasi da notte e per le catene degli schivi. Perle e diamanti sono usati come ornamenti per bambini, ma mai per gli adulti. Si sarò notato che l'atteggiamento degli utopici verso la guerra è più ragionevole che eroico, benché, quando è necessario, essi mostrino un gran coraggio. Quanto all'etica essi sono un po' troppo inclini a pensare che la felicità consista nel piacere. Hanno diverse religioni, tutte tollerate. Quasi tutti credono in Dio e nell'immortalità, i pochi che non credono non sono considerati cittadini e non prendono parte alla vita politica, ma non sono altrimenti molestati. Gli schiavi sono gente condannata per atroci offese, o stranieri condannati a morte nei loro paesi, ma che gli Utopici hanno accettato di assumere in schiavitù. In caso di malattia dolorosa e incurabile, si consiglia al paziente di uccidersi, ma lo si cura con tutta la dovuta attenzione se rifiuta di farlo. L'importanza del comunismo viene continuamente sottolineata, verso la fine leggiamo che, nelle altre nazioni, gli Utopici "non scorgono altro se non una connivenza tra i ricchi, la quale procura loro ogni comodità sotto il nome e il pretesto del benessere comune." L'utopia di Moro era, sotto molti aspetti, liberale in maniera sorprendente. Non penso tanto alla predicazione del comunismo, che rientrava nelle tradizioni di moti movimenti religiosi. penso piuttosto ciò che vi si dice intorno alla guerra, alla religione e alla tolleranza religiosa, all'uccisione sregolata degli animali e alle affermazioni in favore d'una mite legge penale. Bisogna ammettere però che la vita nell'Utopia di Moro, come in molte altre, sarebbe intollerabilmente malinconica. La varietà è essenziale per la felicità, ed ad Utopia è difficile trovarne. Questo è un difetto di tutti i sistemi sociali pianificati, di quelli reali come di quelli immaginari. [Storia della filosofia occidentale, Russell]

venerdì 22 agosto 2014

Riduzionismo dogmatico ed estensionismo anarchico

Ogni comunità è esposta a due opposti pericoli: da una parte la mummificazione verso l'eccessiva disciplina e l'eccessivo rispetto per la tradizione, dall'altra parte la dissoluzione e l'assoggettamento alla conquista straniera attraverso l'accrescersi di un individualismo e di una indipendenza personale che rendono impossibile la collaborazione. In generale le civiltà importanti cominciano con un sistema rigido e superstizioso, che gradualmente si rilassa e che ad un certo punto conduce ad un periodo di brillanti geni, mentre il buono della vecchia tradizione permane ed il male inerente al suo dissolversi non si è ancora sviluppato. Ma allorché il male si manifesta, esso porta all'anarchia e poi inevitabilmente ad una nuova tirannide, che produce una nuova sintesi rafforzata da nuovo sistema dogmatico. La dottrina del liberalismo è un tentativo di sfuggire a questo ricorso senza fine. L'essenza del liberalismo è un tentativo di assicurare un ordine sociale non basato su dogmi irrazionali, tali da instaurare la stabilità senza per altro implicare maggiori limitazioni di quante non siano necessarie per la conservazione della comunità stessa. [Storia della filosofia occidentale, Russell]

domenica 10 agosto 2014

Obiettivi di trattamento del paziente borderline

 
Tipologie di pensiero disfunzionale target della TDC


1) Inferenze arbitrarie o conclusioni basate su evidenze insufficienti o contraddittorie.
2) Generalizzazioni eccessive.
3) Amplificazione ed esagerazione del significato o della rilevanza degli eventi.
4) Inappropriata e unilaterale attribuzione della colpa e della responsabilità degli eventi sfavorevoli a se stessi o agli altri.
6) Definizioni o attribuzioni negative che non aggiungono ulteriori informazioni rispetto al comportamento che le ha suscitate.
7) Catastrofizzazione o previsione di conseguenze disastrose se determinate circostanze non proseguiranno nel tempo o non evolveranno.
8) Aspettative prive di speranza, o predizioni pessimistiche basate su un attenzione selettiva ad eventi sfavorevoli del passato del presente, piuttosto che su dati verificabili.


Pattern di comportamento dialettico.


Generalmente s’intende il focalizzare l'attenzione sulle modalità comportamentali di natura dialettica ossia sollecitare il paziente a muoversi verso l'attuazione di risposte più equilibrate e integrate alle situazioni della vita all'interno delle seguenti tensioni dialettiche:


1) Miglioramento delle proprie capacità vs accettazione di sé.
2) Soluzione dei problemi vs accettazione dei problemi.
3) Regolazione degli affetti vs tolleranza degli affetti.
4) Autonomia e competenza vs ricerca di aiuto.
5) Indipendenza vs dipendenza.
6) Trasparenza vs privacy
7) Fiducia vs sospettosità
8) Controllo delle emozioni vs tolleranza delle emozioni
9) controllo/cambiamento vs osservazione.
10) Seguire/osservare vs partecipare.
11) Aver bisogno degli altri vs dare agli altri.
12) Concentrarsi su se stessi vs focalizzare la propria attenzione sugli altri
13) Contemplazione/meditazione vs azione.


Ridurre i comportamenti che interferiscono con la qualità di vita. 


La modalità di selezione di quei comportamenti che interferiscono con la qualità della vita può essere condotta attraverso l'uso degli assi I e V del DSM IV.
In particolar ei comportamenti che non siano abbastanza gravi da soddisfare i criteri diagnostici e che non determinano una significativa menomazione del funzionamento del soggetto e non ne impediscono i progressi terapeutici, non dovrebbero essere annoverati tra i comportamenti che interferiscono con la qualità della vita.


1) Abuso di sostanze
2) Comportamenti sessuali non protetti o ad alto rischio
3) Gravi difficoltà finanziari (debiti con il fisco, programmare le spese, gioco d'azzardo, incapacità di utilizzare i servizi sociali)
4) Comportamenti criminali che possono portare alla carcerazione (rubare nei negozi appiccare incendi)
5) Comportamenti interpersonali gravemente disfunzionali (scegliere partner fisicamente, sessualmente e psicologicamente violenti o prevaricatori, o interrompere prematuramente le relazioni affettive, mettere a disagio le persone fino ad avere scarse possibilità di amicizie, timidezza paralizzante, o timore di disapprovazione da parte dell'ambiente).
6) Comportamenti disfunzionali nell’'ambiente scolastico o lavorativo (prematuro abbandono scolastico, incapacità di cercare e trovare lavoro, paura della scuola difficoltà nello svolgimento dei compiti o delle attività lavorative, scelte di carriera inappropriate, farsi licenziare o prendere voti insufficienti).
7) Comportamenti disfunzionali legati alle malattie (ad esempio, incapacità di usufruire dell'assistenza medica, non assumere i farmaci necessari, abusare dei farmaci prescritti, avere paura dei medici, rifiutare di curarsi).
Comportamenti disfunzionali correlati con le esigenze abitative (vivere in ricoveri di fortuna, nelle automobili, o in appartamenti sovraffollati, abitare con conviventi violenti, non trovare fissa dimora)
9) comportamenti disfunzionali che si manifestano in contesti psichiatrici (formulare continue richieste di ospedalizzazione saltare da una prescrizione farmacologica all'altra, non riconoscere la encessità di interventi terapeutici ausiliari).
10) Pattern comportamentali disfunzionali correlati al disturbo mentale. 


Migliorare le abilità comportamentali. 


Lo skills training della TDC è stato elaborato per migliorare i deficit comportamentali di coloro che soddisfano i criteri diagnostici per il DBP. I nove criteri del DMS-IV possono essere raggruppati in cinque categorie: disfunzioni del sé (inadeguato senso dell'identità, sentimenti di vuoto); disorganizzazione comportamentale (comportamenti impulsivi, gesti autolesivi, comportamenti suicidari). disregolazione emozionale (labilità emotiva, difficoltà a gestire sentimenti dir abbia ) disorganizzazione interpersonale (relazioni affettive caotiche, ansie d'abbandono) disorganizzazione cognitiva (depersonalizzazione, dissociazione, deliri). 


Abilità nucleari di contenuto e formali.

L'obiettivo principale è lo sviluppare uno stile di vita improntato alla partecipazione consapevole e si declina attraverso l'apprendimento della capacità di osservare, descrivere e partecipare.


Osservare: imparare a prestare attenzione alle situazioni, alle emozioni e ad altre risposte comportamentali, anche se provocano disagio o sofferenza.
Descrivere: corrisponde alla capacità di descrivere verbalmente le situazioni le proprie risposte, ossia a comunicare e all'autocontrollo. L'apprendimento della capacità di descrivere richiede che il soggetto impari a non prendere alla lettera le proprie emozioni e i propri pensieri, cioè a non considerarli come uno specchio fedele e diretto degli eventi ambientali.
Partecipare: è inteso nel senso di penetrare completamente nell'attività del momento presente, senza separare se stessi dagli eventi e dalle interazioni attuali. la qualità dell'azioni è spontanea e l'interazione tra soggetto e ambiente è serena e armoniosa, basata in parte anche se mai del tutto sull'abitudine. 


Tali abilità si declinano in tre modalità, che comprendono l'assunzione di un atteggiamento mentale non giudicante, evitando di valutare le cose nei termini del giusto o sbagliato ma in relazione alle conseguenze per suggerire la modificazione dei comportamenti o delle situazioni che sono all'origine. Una seconda modalità è quella della concentrazione su una cosa sola per volta invece di frazionare l'attenzione, dirigendola su più attività, o dividerla tra attività in corso e i pensieri che riguardano altre cose. Infine vi è l'essere efficaci (cioè fare ciò che funziona in relazione a un determinano obiettivo, al di la del fatto che questo possa essere giudicato giusto o sbagliato). 


Abilità di tolleranza della sofferenza mentale / angoscia.

Sostanzialmente hanno come finalità il fatto di accettare quella quota di sofferenza e angoscia insita nella vita, senza giudicare la propria situazione e il proprio ambiente. I comportamenti finalizzati alla tolleranza della sofferenza mentale, riguardano la capacità di sopportare le crisi e di accettare per quello che è la vita in ogni momento. Quattro sono le strategie di superamento delle crisi: 
Distrarsi (svolgendo altre attività, facendo cose che possono essere d'aiuto ad altri, confrontare la situazione con quella di chi sta peggio, provando emozioni di opposta polarità, respingendo le situazioni dolorose, lasciando libero corso ad altri pensieri). Prendersi cura di se (attraverso la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto), superare il momento (attraverso l'immaginazione, la ricerca di significati, la preghiera, il rilassamento, la concentrazione su una cosa per volta, il riposo, le “vacanze”) e il considerare i pro e i contro.

Ciò che permette di raggiungere questa capacità di tolleranza della sofferenza mentale è la disponibilità, contrapposta all'ostinazione:

La disponibilità implica una rinucnia alla propria separatezza e individualità per avere accesso ai più profondi processi della vita stessa, immergendosi completamente in essi. E' la realizzazione di essere parte di un processo cosmico ultimo e, insieme, l'impegno a parteciparvi. L'ostinazione, invece, è il porsi al di fuori della fondamentale essenza della vita in un tentativo di padroneggiare, dirigere, controllare o comunque manipolare l'esistenza. Più semplicemente, la disponibilità significa dire si al mistero dell'essere vivi in ogni momento, l'ostinazione è dire no o, forse, più comunemente, "si, ma..
Ma la disponibilità e l'ostinazione non riguardano specifici eventi o situazioni. Essi riflettono, invece, l'atteggiamento intriseco dell'individuo verso il miracolo stesso della vita. La disponibilità riconosce questo miracolo,e si inchina ad esso in una sorta di reverenza. L'ostinazione, invece, lo dimentica, lo ignora o peggio, cerca attivamente di distuggerlo. Pertanto la disponibilità può apparire molto attiva e assertiva, quasi aggressiva, mentre l'ostinazione può far mostra di sé nell'apparenza della passività. Ne è un buon esempio una rivoluzione politica.

Abilità di regolazione emozionale

Molte delle difficoltà comportamentali del soggetto borderline sono riconducibili all'incapacità di regolare e modulare le emozioni dolorose (rabbia, intensa frustrazione, depressione e ansia). Questi affetti vengono vissuti come problemi da risolvere, e vengono risolti semplicemente imponendosi di non sentire ciò che stanno provando. L'esperienza dell'ambiente invalidante, capace di gestire l'emozioni cognitivamente e fortemente critico rispetto all'incapacità del borderline di fare lo stesso, rende molto difficile il potenziamento di queste capacità. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso un contesto di profonda validazione emozionale. Attraverso abilità di mindfulness, osservazione non giudicante, e descrizione delle risposte emotive del momento.

In particolare:
Identificare e denominare gli affetti è il primo passo nel processo di regolazione, ed è associato alla capacità di descrivere accuratamente il contesto entro il quale le emozioni si manifestano. In particolare bisogna prestare attenzione alla situazione che suscita l'emozione, l'interpretazione della situazione che suscita l'emozione, l'esperienza fenomenologica dell'emozione, incluse le sensazioni somatiche, i comportamenti espressivi associati, gli effetti secondari dell'emozione sul proprio funzionamento. 
Identificare gli ostacoli al cambiamento delle emozioni segue la capacità della comprensione del ruolo delle emozioni, in particolare come veicolo di comunicazione con gli altri, influenza e controllo del loro comporamento. In secondo luogo è una validazione delle percezioni e delle interpretazioni soggettive degli eventi.
Ridurre la vulnerabilità alla mente emotiva, consiste nel prendersi cura del proprio corpo, attraverso un’alimentazione bilanciata, sane abitudini alimentari, a dormire il giusto, fare esecizio fisico, prendersi cura delle malattie, evitare l'assunzione di farmaci attivi sul tono dell'umore quando non prescritti, ad incrementare l'autostima impegnandosi in attività che contribuiscano a rafforzare il senso di efficacia e competenza. L'attività di problem solving passiva, adottata dal borderline può costituire un serio ostacolo a questo obiettivo.

Abilità di efficacia interpersonale.
Gli specifici pattern comportamentali necessari all'efficacia sociale dipendono dall'obiettivo che s’intende perseguire. In particolare in questo campo i borderline hanno spesso un sufficiente e ampio repertorio di capacità interpersonali. L'efficacia sociale, tuttavia, richiede la compresenza di due abilità espressivo comportamentali, in particolare la capacità di produrre risposte automatiche alle situazioni abituali, e la capacità di fornire nuove risposte o una combinazione di risposte quando il contesto lo richiede. I pattern di risposte interpersonali, includono, l'assertività, la capacità di apprendere strategie efficaci per chiedere ciò che serve, dire di no, e gestire i conflitti interpersonali. Spesso una conoscenza di queste strategie al soggetto borderline e facile, ma la difficoltà consiste nell'applicazione ai diversi contesti per via delle risposte affettive incontrollabili.

Il pensiero dialettico, tra estensionismo e riduzionismo.


Rappresenta una sorta di sentiero intermedio tra il pensiero universalistico e quello relativistico. Il primo afferma l'esistenza di verità immutabili e universalmente valide, e di un ordine universale delle cose, la verità è assoluta e in ogni conflitto una parte è nel giusto, mentre l'altra è in errore. Il secondo sostiene che non esistono verità universali e che l'ordine delle cose dipende interamente dal sistema di riferimento di chi le osserva, la verità è relativa e nei conflitti è inutile ricercarla poiché essa dipende dalla prospettiva di riferimento dell'osservatore. 
Il pensiero dialettico, invece, sostiene che l'ordine e la verità evolvono e si sviluppano nel tempo. Nei conflitti, la verità va cercata attraverso una continua tensione verso la scoperta di ciò che viene escluso o tralasciato da ciascuna delle due parti, nella loro modalità peculiare di dare un ordine agli eventi. La verità si crea nel contesto di un nuovo ordinamento che sappia cogliere ed includere ciò che è stato precedentemente tralasciato da entrambe le parti. Il seguente esempio potrà forse essere utile: immaginiamo che una paziente sia cresciuta in una famiglia con una visione del mondo netta, e che in età adulta rifiuti tale visione e ne assuma una diversa, suscitando veemente disapprovazione della sua famiglia. Questa paziente potrà aderire alternativamente a una delle due seguenti asserzioni, a proposito della rispettiva concezione del mondo: o lei è nel giusto e la famiglia nel torto, oppure è lei che sbaglia e i suoi familiari hanno ragione. Chiunque fosse nel torto, dovrebbe rinunciare alla propria prospettiva e adottare quella della controparte. In questo caso, da un punto di vista formale, il compito dl terapeuta sarebbe quella di aiutare la paziente ad esaminare onestamente quelle delle due posizioni sia più vicina al vero, e quali siano le ragioni che le impediscono di accettare la verità, o la paziente sta adottando uno stile di pensiero disfunzionale e dovrebbe perciò modificarlo o al contrario, vede le cose correttamente e ha bisogno di sentirsi validata e di essere aiutata a credere di più in se stessa.
Un pensiero relativistico, in questo caso, partirebbe dal presupposto che nessuna delle due visioni del mondo è in sé giusta o sbagliata. In tal caso, l'obiettivo della terapia sarebbe quello di aiutare la paziente a scegliere la prospettiva a lei più utile. L'intervento terapeutico potrebbe concentrarsi sulla sua difficoltà ad assumersi al responsabilità del proprio punto di vista e del suo disfunzionale bisogno che gli altri siano d'accordo con lei o decidano in sua vece.
Un terapeuta di orientamento dialettico, invece, cercherebbe di aiutarla ad identificare i possibili fattori che, nel corso del tempo, possono aver determinato la sua visione del mondo, e ad analizzare come i suoi comportamenti abbiano, a loro volta influito sul punto di vista dei familiari e delle altre persone con le quali ella interagisce. La terapia in questo caso, sarebbe centrata sulla ricerca e la scoperta degli eventuali fattori che possano aver ostacolato l'ulteriore processo di sviluppo e cambiamento, nonché sulla modalità attraverso le quali la visione del mondo dei familiari si è anch'essa evoluta nel tempo, e sui fattori che ne impediscono ulteriori modificazioni. Il terapeuta potrebbe guidare la paziente verso al ricerca delle modalità attraverso le quali ciascuna delle due visioni del mondo sia aggiunge e consegue all'altra, il che suggerisce la possibilità di contemplare una visione del mondo senza necessariamente invalidare il proprio punto di vista. [Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, M. m. Linehan]