[...]Infatti
scrivevo in "lingua" cioè, nel mio linguaggio segreto, usando
espressioni e parole che sorgevano improvvisamente in me o che io stessa
costruivo; poiché non mi sarei mai sentita in diritto di scrivere con
parole vere. In questo caso la Regina avrebbe avuto il diritto di
punirmi, poiché le lamentele che le indirizzavo erano accusatrici e
ostili. Quando scrivevo in "lingua" mi indirizzavo alla vera Mamma, alla
Mamma delle mele che amavo e che mi amava. Ma la vera mamma non poteva
comprendere, poiché la Regina onnipotente e temibile l'aveva
completamente sostituita. [...] Ebbi ancora crisi di colpevolezza; in
quei momenti il mio dolore morale era infinito e piangevo per ore
gridando "Raite, raite, raite, was habe ich gemacht?". Esprimevo
spesso le mie lamentele in "lingua", usavo cioè parole incomprensibili,
di cui alcune si ripetevano continuamente, come: "ichtiou, gao, itivarè gibastou, Ovèdè, ecc.".
Non mi sforzavo ad inventarle; venivano spontaneamente e non
significavano nulla per conto loro; erano il tono, il ritmo e la
pronuncia che possedevano un senso. Mi lamentavo con queste parole
esprimendo il profondo dolore e l'infinita desolazione che avevo in
cuore. Non usavo le parole abituali poiché il mio dolore e la mia
desolazione non avevano un oggetto reale. [Da Diario di una schizofrenica, Marguerite A. Sechehaye]
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