sabato 18 aprile 2015

Linguaggio e giochi tossicomanici

Il tossicomane e il delinquente, entrambi fanno un uso falso del linguaggio (e non solo di esso). Offrono come terreno d'intesa, non senza contrattarne il prezzo, un linguaggio di gruppo che essi stessi sanno non esistere, nel senso che, se pure a volte viene usato, esso è finalizzato anche all'interno del gruppo all'evitamento della personalizzazione, della presentazione di se come persona. Offrono dunque un linguaggio che non vale una pipa di tabacco (o una fiutata di cocaina) e che si rivelerà invariabilmente una crosta vergognosa elaborata o affittata per non presentarsi e per esprimere contemporaneamente la propria incapacità di farlo.
Una seconda modalità di descrivere il medesimo fenomeno è il concetto di gioco tossico, che rappresenta una modalità comunicativa tipicamente osservata all'interno delle comunità terapeutiche e che si declina nel gioco del compiacere o della sfida, aspetti diversi ma che coincidono nello scopo di legittimare il non cambiamento, ovvero il mantenimento dell'identità costruita attraverso l'abuso di sostanze. Infatti il gioco del compiacere si alimenta attraverso racconti quali: "ho scelto di essere qui... sono qui per cambiare... cercherò di capire che cosa intendi tu per cambiamento per adeguarmi meglio alle tue richieste... ti farò credere che cambierò come tu ti aspetti che io cambi", viceversa, attraverso il gioco della sfida la persona veicola messaggi quali "non ho scelto di essere qui... non ho scelto di cambiare, tanto meno come tu vorresti che io cambiassi, sarai tu a cambiare per permettere a me di non cambiare". Poco importa che queste modalità discorsive siano la conseguenza di una funzione riflessiva deficitaria e di una profonda incapacità di nominare i propri stati emotivi, affetti, e desideri, e quindi di accedere, sempre che esista, ad una identità dalla quale differenziarsi, oppure che abbiano come scopo il sostenere un sé onnipotente, specchio di un lutto mai vissuto, ma che perpetua il bisogno di tenerezza e affetto che caratterizzano il personaggio tossicomane e delinquente. Tali modalità rappresentano l'empasse tipico che si incontra nel lavoro in comunità riabilitativa, che può essere fatto coincidere con la sensazione di trovarsi in cabina di pilotaggio con un pilota che delega completamente al co-pilota la guida del velivolo, senza condividere però l'itinerario e la meta da raggiungere, oppure nel pilota che ti vuole "far vedere come si fa" lasciandoti a margine o come esecutore della sua missione, con la forte sensazione che non finirà per nulla bene.
Tra questi due estremi, si situa quello che viene definito come gioco del co-cambiamento, che tende a veicolare il messaggio "io non ti dirò come tu devi cambiare, cambieremo insieme in base alla storia che ci siamo raccontati". In questa logica l'intervento comunitario non propone, ne prescrive alle persone il tipo di cambiamento da perseguire, ma nemmeno si lascia trasportare per deriva sulle regole o sulle richieste che i tossicomani propongono per cambiare l'identità del contesto. Tale modello di cambiamento non veicola un modello "forte" di uomo da realizzare, ma cambiano continuamente, accompagna la persona a costruire un proprio "modello personale" e ad attivare processi di cambiamento caratterizzati da una tensione a realizzarlo. Quindi la comunità affiancando la persona nel confrontarsi con i rischi della propria identità passata, con tutto il carico di sofferenza che il sentire porta con sé, per queste persone congenitamente poco inclini ad accettare quello che il corpo dice, cerca di costruire con la persona un'altra storia e le propone di attivare processi di cambiamento orientati a tale storia, che terrà conto dei bisogni e delle risorse personali. Il messaggio sotteso a questo tipo di intervento è "Io cambierò continuamente il mio modo di intervenire con te, agendo anche diversamente da come farò con altri, rispettando la storia che ci siamo raccontati e gli obiettivi che abbiamo condiviso, questo però richiederà a te di cambiare continuamente  il tuo modo di agire con me, nello sforzo congiunto di avvicinarci il più possibile a ciò che abbiamo immaginato di realizzare insieme." 

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