lunedì 1 dicembre 2014

Testi fase I

Fase I
  1. 1894 “Le neuropsicosi da difesa”
“Nei pazienti da me analizzati vi era stata sanità psichica fino al momento in cui nella loro vita ideativa si era presentato un caso di incompatibilità, ossia fino a quando al loro Io non si era presentata un’esperienza, una rappresentazione, una sensazione che aveva suscitato un affetto talmente penoso, che il soggetto aveva deciso di dimenticarla, convinto di non avere la forza necessaria a risolvere, per lavoro mentale, il contrasto esistente tra questa rappresentazione incompatibile e il proprio Io.

Nei soggetti di sesso femminile, simili rappresentazioni incompatibili si sviluppano per lo più sul terreno delle esperienze e della sensibilità sessuali[...]

[…] Il compito che l’Io si assume quando si trova in stato di difesa, e cioè quello di non arrivare alla rappresentazione incompatibile, non può essere direttamente assolto dall’Io; una volta comparsi, sia la traccia mnestica che l’affetto che aderisce alla rappresentazione non possono più essere cancellati. Questo compito può tuttavia essere approssimativamente assolto quando si riesca a rendere debole, da forte che era, la rappresentazione, strappandole il suo affetto, la somma di eccitamento di cui essa è gravata. La rappresentazione, così indebolita, non avrà più da rivalersi sul lavoro associativo; la somma di eccitamento che è stata staccata da essa deve però essere indirizzata verso un’altra utilizzazione.

Fino a questo punto, l’isteria, le fobie e le ossessioni mostrano di seguire uno stesso processo; da qui in avanti, però, le loro strade si separano. Nell’isteria, infatti, la rappresentazione incompatibile è resa inoffensiva dal fatto che la sua somma di eccitamento viene trasformata in qualcosa di somatico,

Se i soggetti con disposizione [alla nevrosi] non hanno attitudine alla conversione ma se, tuttavia, per difesa da una rappresentazione incompatibile, ne vengono separando il suo affetto, allora questo affetto è costretto a restare nella sfera psichica. La rappresentazione, indebolita, rimane nella coscienza, esclusa da ogni associazione; il suo affetto, divenuto libero, aderisce però ad altre rappresentazioni, in sé non incompatibili, che, a loro volta, a causa di questo “falso nesso”, si trasformano in rappresentazioni ossessive.

Esiste per altro una forma di difesa, più energica ed efficace, consistente nel fatto che l’Io respinge la rappresentazione incompatibile unitamente al suo affetto e si comporta come se, all’Io, la rappresentazione non fosse mai pervenuta. Solo che, nel momento in cui ciò si attua, il soggetto viene a trovarsi in uno stato di psicosi classificabile solo come “follia allucinatoria”. Basti un unico esempio a chiarire una tale affermazione.

È quindi giustificato asserire che l’Io si è difeso dalla rappresentazione incompatibile con la fuga nella psicosi;151 il processo mediante cui ciò è avvenuto si sottrae e all’autopercezione e all’analisi clinico-psicologica. Esso va considerato espressione di una disposizione patologica di grado notevolmente elevato e può forse essere illustrato come segue: l’Io si strappa alla rappresentazione incompatibile, ma questa è inseparabilmente connessa a un pezzo di realtà; l’Io, strappandosi a essa, si stacca dunque, in tutto o in parte, anche dalla realtà.152 Questa è, a mio parere, la condizione che permette di dare allucinatoriamente vita alle proprie rappresentazioni, per il che il soggetto, una volta felicemente attuata la difesa, si ritrova nello stato di follia allucinatoria.

  1. 1896 Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa
Un un mio breve saggio del 1894 (Le neuropsicosi da difesa) ho raggruppato, sotto il nome di “neuropsicosi da difesa”, l’isteria, le ossessioni, nonché alcuni casi di confusione allucinatoria acuta, in quanto queste affezioni hanno tutte un punto in comune: i loro sintomi provengono dal meccanismo psichico della difesa (inconscia), cioè dal tentativo di rimuovere una rappresentazione incompatibile entrata in penoso conflitto con l’Io del malato.

Le esperienze di questi ultimi due anni hanno rafforzato la mia tendenza a considerare la difesa come il nucleo del meccanismo psichico delle suddette nevrosi,

Nella mia comunicazione del 1894 sulle nevrosi da difesa non fu chiarito perché, nel soggetto fino ad allora sano, lo sforzo di dimenticare una tale [tarda] esperienza traumatica potesse avere il risultato di portare effettivamente all’agognata rimozione, aprendo così le porte alla nevrosi da difesa. Ciò non poteva dipendere dalla natura dell’esperienza, dal momento che altre persone erano rimaste sane nei medesimi frangenti. L’isteria dunque non poteva essere interamente spiegata dall’azione del Nella mia comunicazione del 1894 sulle nevrosi da difesa non fu chiarito perché, nel soggetto fino ad allora sano, lo sforzo di dimenticare una tale [tarda] esperienza traumatica potesse avere il risultato di portare effettivamente all’agognata rimozione, aprendo così le porte alla nevrosi da difesa. Ciò non poteva dipendere dalla natura dell’esperienza, dal momento che altre persone erano rimaste sane nei medesimi frangenti. L’isteria dunque non poteva essere interamente spiegata dall’azione del trauma, e si doveva perciò ammettere che già prima del trauma esistesse nel soggetto una suscettibilità alla reazione isterica., e si doveva perciò ammettere che già prima del trauma esistesse nel soggetto una suscettibilità alla reazione isterica.

A questa imprecisata disposizione isterica possiamo ora sostituire, in tutto o in parte, l’azione postuma del trauma sessuale infantile.

  1. 1892 Studi sull'isteria.

Il modo isterico della difesa – per il quale appunto si richiede una particolare attitudine – sta dunque nella conversione dell’eccitamento in un’innervazione corporea, e il vantaggio di questo è che la rappresentazione incompatibile risulta rimossa dalla coscienza dell’Io. In cambio la coscienza dell’Io contiene la reminiscenza corporea prodottasi con la conversione – nel nostro caso le sensazioni olfattive soggettive – e soffre per l’affetto che più o meno chiaramente si collega appunto a queste reminiscenze.

Di quali mezzi si dispone (come analisti) dunque per vincere questa continua resistenza?

Si deve riflettere, anzitutto, che la resistenza psichica, specialmente se si è costituita da molto tempo, può essere risolta solo lentamente e per gradi, e occorre attendere con pazienza. In seguito, si può contare sull’interesse intellettuale che comincia a destarsi nel paziente dopo un breve lavoro. Illuminandolo, fornendogli spiegazioni sullo strano mondo dei fatti psichici, nel quale si è riusciti a penetrare proprio con queste analisi, si fa di lui un collaboratore, lo s’induce a considerare sé stesso con l’interesse obiettivo del ricercatore, e si respinge in tal modo la resistenza che poggia su una base affettiva. Infine però – e questa rimane la leva più potente – si deve tentare, dopo avere indovinato i motivi della sua difesa, di svalutarli o di sostituirli con altri più potenti. Qui certo cessa la possibilità di mettere in formule l’attività psicoterapeutica. Si agisce come meglio si può, come chiaritore (dove l’ignoranza ha dato luogo alla paura), come insegnante, come rappresentante di un modo più libero o superiore di vedere il mondo, come confessore che dà in certo modo l’assoluzione con il mantenere la propria simpatia e stima dopo la confessione resa; si cerca di dare al paziente un’assistenza sul piano umano, nella misura in cui i limiti della propria personalità e il grado di simpatia che si riesce ad avere per il caso lo consentono. Presupposto indispensabile per tale attività psichica è che si siano indovinati con sufficiente approssimazione la natura del caso e i motivi della difesa in esso attiva, e fortunatamente la tecnica dell’insistere e il procedimento della pressione conducono proprio sino a questo. Quanto maggiore è il numero degli enigmi di questa specie che si sono già risolti, tanto più facile sarà forse risolverne uno nuovo e tanto più presto si potrà iniziare il lavoro psichico curativo vero e proprio. Perché si deve ben tener presente il seguente punto: benché il paziente si liberi dal sintomo isterico soltanto riproducendo le impressioni patogene che lo causano ed esprimendole con tutte le manifestazioni affettive, pure il compito terapeutico consiste soltanto nello spingerlo a questo, e una volta che questo compito sia risolto, al medico non rimane più nulla da correggere o da abolire. Tutto ciò che occorre in fatto di controsuggestione, è già stato impiegato durante la lotta contro la resistenza. Il caso può in certo modo paragonarsi all’apertura di una porta chiusa a chiave; quando la chiave ha funzionato, abbassare la maniglia per aprire la porta non presenta più alcuna difficoltà.


Accanto ai motivi intellettuali a cui si ricorre per superare la resistenza, si potrà raramente fare a meno di un fattore affettivo, il valore personale del medico; e in molti casi questo solo fattore sarà capace di eliminare la resistenza. Qui le cose non stanno in un modo diverso che nella medicina in genere e a nessun metodo terapeutico si potrà chiedere di rinunciare completamente a questo fattore personale.

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