sabato 11 marzo 2017

Studio del capitolo 4 “Per la psicoterapia dell'isteria” In studi sull'isteria 1892



Freud avvia la descrizione del psicoterapia dell'isteria definendo le relazioni tra sintomo, ricordo, affetto, rappresentazione, discorso e coscienza.
 
“Trovammo infatti, in principio con nostra grandissima sorpresa, che i singoli sintomi isterici scomparivano subito e in modo definitivo quando si era riusciti a ridestare con piena chiarezza il ricordo dell’evento determinante, risvegliando insieme anche l’affetto che l’aveva accompagnato, e quando il malato descriveva l’evento nel modo più completo possibile esprimendo verbalmente il proprio affetto.” […] “Esso elimina l’efficienza della rappresentazione originariamente non abreagita, in quanto consente al suo affetto incapsulato di sfociare nel discorso; e la conduce alla correzione associativa, traendola nella coscienza normale (nell’ipnosi leggera) o annullandola mediante suggestione del medico, così come accade nel sonnambulismo con amnesia”
 
Se è ben chiaro il rapporto tra sintomo, ricordo, affetto, rappresentazione e discorso (Il sintomo si risolve, attraverso il ricordo dell'evento e dell'affetto associato e attraverso l'espressione verbale). Più oscuro è il rapporto tra ricordo-affetto e rappresentazione, non è ben chiaro se siano coincidenti o se vi è qualche elemento di differenza, nelle pagine seguenti definisce un esempio di “rappresentazione” patogena, di una paziente affetta da tosse nervosa: “non la si amava, le si preferiva chiunque altro, e neppure meritava di essere amata, eccetera. Alla rappresentazione dell’“amore” era però collegata qualche cosa alla cui comunicazione era sorta una grave resistenza. L’analisi fu interrotta prima della spiegazione.”
 
Se quindi il ricordo è assimilabile ad un episodio concreto, la rappresentazione appare assimilabile ad una astrazione da una molteplicità di ricordi.


Nel testo approfondisce quindi alcuni aspetti, genetici, etiologici e differenziali, dei diversi quadri psicopatologici trattabili e non trattabili attraverso il metodo catartico. Riconosce che la causa determinante dei disturbi nevrotici è da imputare a fattori sessuali, e che dalla differenza di tali fattori derivava anche la differenza tra le diverse malattie nevrotiche. (Vedi approfondimento in Neuropsicosi da difesa)
 
Freud distingue quindi La nevrastenia: una patologia alla cui base non vi erano meccanismi psichici. Nevrosi di angoscia: un quadro di sintomi nevrotici, dipendenti da una eziologia diversa rispetto alla nevrastenia, ossia l'accumulo di tensione fisica, di origine sessuale, che ha impatto sulla vita psichica attraverso una “attesa angosciosa”, caratterizzata da fobie, iperestesia per i dolori. (L'ipocondria ne rappresenta una declinazione, ma non va a saturarne le possibili manifestazioni). La nevrosi ossessiva: alla cui base si poteva riconosce un meccanismo psichico complesso ma chiaro, e trattabile attraverso la psicoterapia e le nevrosi isteriche distinte in isterie da difesa, ipnoidi e da ritenzione, anche se alla fine, le riconduce tutte (solo a livello ipotetico per rispetto a Breuer) al medesimo meccanismo ossia la mobilitazione di una difesa contro una rappresentazione inaccettabile. E ne distingue l'indicazione del metodo catartico:
 
 “Mi azzarderei infatti a dire che, in linea di principio, esso è senz’altro in grado di eliminare ogni e qualsiasi sintomo isterico, mentre, come facilmente si comprende, è assolutamente impotente contro i fenomeni della nevrastenia, e soltanto raramente e per vie indirette influisce sugli effetti psichici della nevrosi d’angoscia.” [...]All’efficacia del metodo catartico, è posta inoltre una seconda limitazione cui abbiamo già fatto cenno nella “Comunicazione preliminare”. Esso non influisce sulle premesse causali dell’isteria; non riesce dunque a impedire che si formino nuovi sintomi in luogo di quelli eliminati.”
 
Va poi a delineare una prima bozza dei criteri che diverranno quelli di analizzabilità, e che in questo caso si limitano all'applicabilità o meno del metodo catartico sia per quanto riguarda il medico che il paziente e che rappresentano già un primo abbozzo delle vicissitudini transferali e controtrasferali che avvengono nel percorso di cura.
 
Il procedimento è faticoso e sottrae molto tempo al medico, presuppone in lui un grande interesse per fatti psicologici, ma anche un interessamento personale per il malato. Non saprei immaginare di riuscire a immergermi nel meccanismo psichico di un’isteria in una persona che mi apparisse volgare e ripugnante, che, conosciuta più da vicino, non fosse in grado di destare simpatia umana.”
 
“Al di sotto di un certo livello d’intelligenza, il metodo non è assolutamente applicabile, e qualsiasi elemento di debilità mentale lo rende estremamente difficile.”
“È necessario il completo consenso, la piena attenzione dei malati, ma soprattutto la loro confidenza, dato che l’analisi conduce regolarmente ai processi psichici più intimi e segreti.”
“Ben difficilmente si riesce a evitare che il rapporto personale verso il medico, almeno per un certo tempo, si ponga indebitamente in primo piano; sembra anzi che un’influenza di questo genere da parte del medico costituisca la condizione che sola consente la soluzione del problema”
 
Nel secondo paragrafo approfondisce il suo metodo “oltre l'ipnosi”, spiegandosi  refrattarietà di alcuni pazienti a questo metodo come una espressione più o meno consapevole di una volontà contraria all'ipnosi stessa.
 
Lo strumento utilizzato è “l'insistenza” ad andare oltre al “non sapere nulla” o “oscuri ricordi senza riuscire ad approfondire”, all'insistenza veniva alternata “la rassicurazione” che qualcosa sarebbe venuto alla mente. Attraverso lo stendersi, lo stare ad occhi chiusi e concentrarsi, questo processo, portava costantemente a ricordare elementi antecedenti e connessi all'argomento (sintomo) trattato. E' all'interno di questi processi che sorge l'ipotesi che alla rievocazione delle rappresentazioni patogene fosse anteposta una “resistenza” ossia una forza psichica che si opponeva al divenire cosciente di tali rappresentazioni e che aveva cooperato alla genesi del sintomo isterico.
 
Nel passaggio successivo approfondisce quindi i rapporti tra rappresentazioni patogene, gli affetti tipici corrispondenti, le conseguenti reazioni dell'Io e le motivazioni alla base dell'esito patogeno di queste reazioni.
 
Da esse, potei stabilire un carattere generale di queste rappresentazioni: erano tutte di natura penosa, idonee a provocare gli affetti della vergogna, del rimprovero, del dolore psichico, della menomazione, e nell’insieme tali che si preferirebbe non averle vissute e che si vorrebbe piuttosto dimenticare. Da tutto questo emerse spontaneamente l’idea della difesa. È infatti generalmente ammesso dagli psicologi che l’accettazione di una nuova rappresentazione (accettazione nel senso del credervi, del riconoscerne la realtà) dipenda dalla specie e dall’orientamento delle rappresentazioni già riunite nell’Io. Nell’Io del malato si era introdotta una rappresentazione che si era dimostrata insopportabile, che aveva suscitato da parte dell’Io una forza ripulsiva, il cui scopo era la difesa contro quella rappresentazione insopportabile. Questa difesa era effettivamente riuscita, la rappresentazione era stata scacciata dalla coscienza e dalla memoria, e apparentemente la sua traccia psichica non era più ritrovabile. Questa traccia tuttavia doveva esserci. Se mi sforzavo di orientare l’attenzione su di essa, mi accadeva di avvertire come resistenza la stessa forza che, nella genesi del sintomo, si era presentata come ripulsa. Se io fossi ora riuscito a rendere plausibile che la rappresentazione fosse diventata patogena proprio in conseguenza della ripulsa e della rimozione, il cerchio appariva chiuso.”
 
Lo scopo quindi del medico è quello di orientare, attraverso l'insistenza, l'attenzione del malato sulle rappresentazioni prossime a quello dimenticate, per permetterne il ricordo. Come ulteriore strumento si introduce “la pressione sulla fronte” e la prima declinazione della “regola fondamentale” dell'analisi:
 
“Egli vedrà innanzi a sé come immagine, o gli verrà in mente come idea, un ricordo, e gli impongo di comunicarmi tale immagine o tale idea, quali essi siano. Egli non deve tenerla per sé perché forse ritenga che non sia la cosa cercata, la cosa giusta, o perché gli sia troppo sgradevole dirla. Nessuna critica, nessuna riserva, per motivi di affetto o di disprezzo! Solo così ci è possibile trovare quel che si cerca, e solo così lo si trova di certo.”
 
Nelle pagine successive descrive la natura associativa dei legami tra i diversi ricordi, e come il riemergere del dimenticato non è mai diretto, ma avviene attraverso il ricordo di diversi ricordi/anelli intermedi, passaggio che non è evitabile in quanto:
 
La rappresentazione patogena – che, del resto, senza un lavoro preparatorio, strappata dal suo contesto, sarebbe incomprensibile – ma ha mostrato la via ad essa e la direzione nella quale l’indagine deve procedere.”
 
Dopo aver delineato quindi lo strumento dell'insistenza, dell'orientare la concentrazione, del rassicurare, dell'imporre le mani, e della “regola fondamentale” al fine di superare le “resistenze” che impediscono alla rappresentazione patogena di ritornare alla memoria, vengono approfondite le diverse modalità attraverso le quali le resistenze di presentano e in particolar modo le caratteristiche dei ricordi patogeni, o di quelli ad esso associati.
 
“Il ricordo patogeno si riconosce dunque, oltre che da altre caratteristiche, dal fatto di essere definito dal malato inessenziale e tuttavia di venire comunicato solo con resistenza. Vi sono anche casi in cui il malato cerca di negare pur dopo che è riemerso: “Adesso mi è venuta in mente una cosa, ma questa evidentemente me l’ha suggerita Lei”, oppure: “So ciò che Lei si aspetta con questa domanda. Lei crede certamente che io abbia pensato questo o quello.”
 
Vengono poi approfonditi i casi nei quali l'imporre le mani fallisce, o perché il procedimento viene applicato a fenomeni non analizzabili, in quanto somatici, o perché l'assenza di una ulteriore reminescenza è reale: tale aspetto lo si può osservare nel volto del paziente, e dai segni di tensione relativi al tentativo di difesa che il paziente sta mettendo in atto.
 
Successivamente approfondisce diverse questioni relative all'organizzazione associativa tra le diverse rappresentazioni patogene e non, interrogandosi sul fatto che fosse opera di una intelligenza che coesiste a livello temporale con quella presente (una seconda personalità), oppure che fosse frutto di un lavoro psichico temporalmente precedente. Un secondo aspetto indagato e la forma:
 
“pluridimensionale, a stratificazione per lo meno triplice del materiale psichico di una isteria basata su una pluralità di rappresentazioni patogene, associate a una pluralità di traumi parziale e concatenamenti di processi ideativi patogeni”.
 
Tale stratificazione del materiale psichico attorno alla rappresentazione (o rappresentazioni patogene), è organizzatile attraverso una disposizione cronologica lineare che si realizza all'interno di ogni singolo tema. Uno riferibile al diverso grado di resistenza, man mano crescente, mentre si avvicina al nucleo patologico. La terza si riferisce il legame dato dal filo logico che giunge fino a tale nucleo, attraversando rappresentazioni con valori diversi sia cronologicamente che per livello di resistenza.
 
La connessione logica corrisponde non soltanto a una linea spezzata a zigzag, ma piuttosto a una linea ramificata, e più precisamente a un sistema di linee convergenti. Esso ha punti nodali nei quali due o più fili s’incontrano per proseguirne uniti; e al nucleo fanno capo in genere più fili aventi andamenti tra loro indipendenti, oppure collegati in certi punti da tratti laterali. È assai notevole, per dir le cose con altre parole, osservare quanto spesso un sintomo sia determinato in vari modi, sia sovradeterminato.”
 
Successivamente approfondisce la descrizione del nucleo patogeno, mettendo in discussione la metafora del “corpo estraneo”, afferma come tale descrizione sia fallace in quanto il gruppo psichico patogeno non è distinto dall'Io (non lo si può enucleare, i suoi strati esterni vi si confondono e sono posti in modo arbitrario dall'analisi). Oggetto della terapia non è quindi l'estirpazione di alcun ché ma è liquidazione del fattore che distingueva il gruppo psichico patogeno dal resto dell'Io e ne poneva i confini, ossia la resistenza.
 
Viene nelle pagine successive descritta ancora in modo più approfondito il procedere della terapia, che non può, anche qualora fosse stato rintracciato, partire dal nucleo patogeno primario:
 
“Se pur si riuscisse a indovinare tale nucleo, il paziente non saprebbe che farsene della spiegazione così offertagli in regalo, e non ne verrebbe modificato psichicamente.”  
Attraverso la rassicurante insistenza del medico, affinché il materiale dimenticato venga ricordato, si procede, lungo il filo logico delle rappresentazioni, entro i diversi livelli di resistenza, quando se ne supera uno, si accede al successivo strato, il più delle volte le rappresentazioni sembreranno sconnesse per riacquistare significato in seguito, il paziente approfondisce le rappresentazioni in senso periferico (ed orizzontale), il medico in senso radiale, seguendo il filo logico delle associazioni del paziente. Tale lavoro di profondità non può essere demandato alle comunicazioni spontanee del paziente” in quanto  
 
“La descrizione del paziente sembra completa e conchiusa in sé. Ci si trova in principio davanti a essa come davanti a un muro, che sbarra la vista e non lascia sospettare se vi sia qualche cosa al di là e cosa sia. Quando tuttavia si esamina con occhio critico la rappresentazione che si è ottenuta dal paziente senza molta fatica e resistenza, si scoprono infallibilmente in essa lacune e difetti. a connessione è visibilmente interrotta ed è rabberciata dal malato con un modo di dire o con un’informazione insufficiente; là s’incontra una giustificazione che in una persona normale si dovrebbe dire molto debole. Il paziente non vuole riconoscere queste lacune quando si richiama la sua attenzione su di esse. Il medico però ha ragione di cercare dietro questi punti deboli il passaggio al materiale degli strati più profondi, di sperare di trovare proprio qui i fili del nesso che insegue con il procedimento della pressione.”
 
“Quando non si riesce a vincere rapidamente la resistenza, si deve ritenere di avere seguito il filo fin dentro uno strato che per il momento è ancora impenetrabile. Lo si lascia allora cadere per afferrarne un altro che forse potrà essere seguito fino a un punto altrettanto lontano. Quando con tutti i fili si è giunti nello stesso strato, e vi si sono trovati i nodi a motivo dei quali il singolo filo isolato non poteva più essere seguito, si può pensare ad aggredire nuovamente la resistenza che ci sta di fronte.”
 
Nelle ultime pagine viene affrontato il ruolo della relazione con il medico nel lavoro della terapia catartica, tale relazione è centrale, affinché si superi l'effetto delle resistenze. In questo passaggio, vengono definiti due aspetti della transfert, il primo relativo “al timore di abituarsi troppo alla persona del medico, di perdere la propria indipendenza nei suoi confronti, e persino di poterne dipendere sessualmente” il secondo relativo “al fatto di trasferire sulla persona del medico le rappresentazioni penose che emergono dal contenuto dell’analisi. Ciò è frequente, e anzi in alcune analisi è un fatto generale. La traslazione  sul medico avviene per falso nesso.”
 
“Un certo sintomo isterico in una delle mie pazienti era stato il desiderio, concepito molti anni prima e subito ricacciato nell’inconscio, che l’uomo col quale stava conversando si fosse fatto coraggio e afferrandola l’avesse baciata. Una volta, alla fine di una seduta, sorge nella paziente un desiderio analogo nei riguardi della mia persona; essa ne è terrorizzata, passa una notte insonne e la volta dopo, pur non rifiutando il trattamento, si dimostra del tutto inutilizzabile per il lavoro. Conosciuto ed eliminato l’ostacolo da parte mia, il lavoro procede nuovamente, ed ecco che ora il desiderio che aveva tanto spaventato la paziente riappare come ricordo, il primo dei ricordi patogeni ora richiesti dalla connessione logica. Le cose si erano quindi svolte nel modo seguente. Dapprima era emerso nella coscienza della paziente il contenuto del desiderio, senza i ricordi delle circostanze accessorie che avrebbero permesso di localizzare questo desiderio nel passato. Il desiderio così presente, in base alla coazione ad associare che dominava la coscienza, era stato collegato con la mia persona, a cui era consentito che la paziente rivolgesse la sua attenzione, e in seguito a questa mésaillance – che io chiamo “falso nesso” – s’era destato lo stesso affetto che, a suo tempo, l’aveva costretta a rifiutare quel desiderio illecito.”
 
Le modalità di trattamento di tali impedimenti sono le medesime di qualsiasi resistenza ossia rendendo cosciente dell'ostacolo la paziente. Chiude il capitolo con la celebre definizione del destino della trattamento analitico:
 
“Mi son sentito spesso obiettare dai miei pazienti, quando promettevo loro aiuto o sollievo per mezzo di una cura catartica: “Ma se dice Lei stesso che il mio male si collega probabilmente alla mia situazione e al mio destino: a quelli Lei non può certo recare alcun mutamento. In qual maniera mi vuole allora aiutare?” Ho potuto loro rispondere: “Non dubito affatto che dovrebbe essere più facile al destino che non a me eliminare la Sua sofferenza: ma Lei si convincerà che molto sarà guadagnato se ci riuscirà di trasformare la Sua miseria isterica in una infelicità comune. Contro quest’ultima, Lei potrà difendersi meglio con una vita psichica risanata.”

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