Freud
avvia la descrizione del psicoterapia dell'isteria definendo le relazioni tra sintomo, ricordo, affetto,
rappresentazione, discorso e coscienza.
“Trovammo infatti, in principio con nostra grandissima
sorpresa, che i singoli sintomi
isterici scomparivano subito e in modo definitivo quando si era riusciti a ridestare con
piena chiarezza il ricordo dell’evento
determinante, risvegliando
insieme anche l’affetto che l’aveva accompagnato, e quando il malato descriveva l’evento nel modo
più completo possibile esprimendo verbalmente il proprio affetto.” […] “Esso
elimina l’efficienza della
rappresentazione originariamente non abreagita, in quanto consente al suo affetto incapsulato di sfociare nel discorso;
e la conduce alla correzione
associativa, traendola nella coscienza normale (nell’ipnosi leggera) o
annullandola mediante suggestione del medico, così come accade nel
sonnambulismo con amnesia”
Se è ben chiaro il rapporto tra sintomo, ricordo, affetto, rappresentazione e discorso (Il sintomo si risolve, attraverso il ricordo dell'evento e dell'affetto associato e attraverso l'espressione verbale). Più
oscuro è il rapporto tra ricordo-affetto e rappresentazione, non è ben chiaro se siano
coincidenti o se vi è qualche elemento di differenza, nelle pagine seguenti definisce un esempio di
“rappresentazione” patogena, di una paziente affetta da tosse nervosa: “non la si amava, le si preferiva
chiunque altro, e neppure meritava di essere amata, eccetera. Alla
rappresentazione dell’“amore” era però collegata qualche cosa alla cui
comunicazione era sorta una grave resistenza. L’analisi fu interrotta prima
della spiegazione.”
Se quindi il ricordo è assimilabile ad un episodio concreto, la rappresentazione appare assimilabile ad una astrazione da una molteplicità di ricordi.
Nel testo approfondisce quindi alcuni aspetti, genetici, etiologici e differenziali, dei diversi quadri psicopatologici trattabili e non trattabili attraverso il metodo catartico. Riconosce che la causa determinante dei disturbi nevrotici è da imputare a fattori sessuali, e che dalla differenza di tali fattori derivava anche la differenza tra le diverse malattie nevrotiche. (Vedi approfondimento in Neuropsicosi da difesa)
Nel testo approfondisce quindi alcuni aspetti, genetici, etiologici e differenziali, dei diversi quadri psicopatologici trattabili e non trattabili attraverso il metodo catartico. Riconosce che la causa determinante dei disturbi nevrotici è da imputare a fattori sessuali, e che dalla differenza di tali fattori derivava anche la differenza tra le diverse malattie nevrotiche. (Vedi approfondimento in Neuropsicosi da difesa)
Freud distingue quindi La nevrastenia: una
patologia alla cui base non vi erano meccanismi psichici. Nevrosi di
angoscia: un quadro di sintomi nevrotici, dipendenti da una eziologia
diversa rispetto alla nevrastenia, ossia l'accumulo di tensione fisica, di
origine sessuale, che ha impatto sulla vita psichica attraverso una “attesa
angosciosa”, caratterizzata da fobie, iperestesia per i dolori. (L'ipocondria
ne rappresenta una declinazione, ma non va a saturarne le possibili
manifestazioni). La nevrosi ossessiva: alla cui base si poteva riconosce
un meccanismo psichico complesso ma chiaro, e trattabile attraverso la
psicoterapia e le nevrosi isteriche distinte in isterie da difesa,
ipnoidi e da ritenzione, anche se alla fine, le riconduce tutte (solo a livello
ipotetico per rispetto a Breuer) al medesimo meccanismo ossia la mobilitazione
di una difesa contro una rappresentazione inaccettabile. E ne distingue
l'indicazione del metodo catartico:
“Mi azzarderei infatti a dire che, in linea di
principio, esso è senz’altro in grado di eliminare ogni e qualsiasi sintomo
isterico, mentre, come facilmente si comprende, è assolutamente impotente
contro i fenomeni della nevrastenia, e soltanto raramente e per vie indirette
influisce sugli effetti psichici della nevrosi d’angoscia.” [...]All’efficacia
del metodo catartico, è posta inoltre una seconda limitazione cui abbiamo già
fatto cenno nella “Comunicazione preliminare”. Esso non influisce sulle
premesse causali dell’isteria; non riesce dunque a impedire che si formino
nuovi sintomi in luogo di quelli eliminati.”
Va poi a delineare una prima bozza dei criteri che
diverranno quelli di analizzabilità, e che in questo caso si limitano
all'applicabilità o meno del metodo catartico sia per quanto riguarda il medico
che il paziente e che rappresentano già un primo abbozzo delle vicissitudini
transferali e controtrasferali che avvengono nel percorso di cura.
“Il
procedimento è faticoso e sottrae molto tempo al medico, presuppone in lui
un grande interesse per fatti psicologici, ma anche un interessamento personale
per il malato. Non saprei immaginare di riuscire a immergermi nel
meccanismo psichico di un’isteria in una persona che mi apparisse volgare e
ripugnante, che, conosciuta più da vicino, non fosse in grado di destare
simpatia umana.”
“Al di sotto di un certo livello
d’intelligenza, il metodo non è assolutamente applicabile, e qualsiasi elemento
di debilità mentale lo rende estremamente difficile.”
“È necessario il completo consenso,
la piena attenzione dei malati, ma soprattutto la loro confidenza, dato che
l’analisi conduce regolarmente ai processi psichici più intimi e segreti.”
“Ben difficilmente si riesce a
evitare che il rapporto personale verso il medico, almeno per un certo tempo,
si ponga indebitamente in primo piano; sembra anzi che un’influenza di questo
genere da parte del medico costituisca la condizione che sola consente la
soluzione del problema”
Nel secondo paragrafo approfondisce il suo metodo
“oltre l'ipnosi”, spiegandosi refrattarietà
di alcuni pazienti a questo metodo come una espressione più o meno consapevole
di una volontà contraria all'ipnosi stessa.
Lo strumento utilizzato è “l'insistenza” ad andare oltre al “non sapere nulla” o “oscuri
ricordi senza riuscire ad approfondire”, all'insistenza veniva alternata “la rassicurazione” che qualcosa sarebbe
venuto alla mente. Attraverso lo stendersi, lo stare ad occhi chiusi e
concentrarsi, questo processo, portava costantemente a ricordare elementi
antecedenti e connessi all'argomento (sintomo) trattato. E' all'interno di
questi processi che sorge l'ipotesi che alla rievocazione delle
rappresentazioni patogene fosse anteposta una “resistenza” ossia una forza psichica che si opponeva al divenire
cosciente di tali rappresentazioni e che aveva cooperato alla genesi del
sintomo isterico.
Nel passaggio successivo approfondisce quindi i
rapporti tra rappresentazioni patogene, gli affetti tipici corrispondenti, le
conseguenti reazioni dell'Io e le motivazioni alla base dell'esito patogeno di
queste reazioni.
“Da
esse, potei stabilire un carattere generale di queste rappresentazioni: erano
tutte di natura penosa, idonee a provocare gli affetti della vergogna, del
rimprovero, del dolore psichico, della menomazione, e nell’insieme tali che si
preferirebbe non averle vissute e che si vorrebbe piuttosto dimenticare. Da
tutto questo emerse spontaneamente l’idea della difesa. È infatti generalmente
ammesso dagli psicologi che l’accettazione di una nuova rappresentazione
(accettazione nel senso del credervi, del riconoscerne la realtà) dipenda dalla
specie e dall’orientamento delle rappresentazioni già riunite nell’Io. Nell’Io
del malato si era introdotta una rappresentazione che si era dimostrata
insopportabile, che aveva suscitato da parte dell’Io una forza ripulsiva, il
cui scopo era la difesa contro quella rappresentazione insopportabile. Questa
difesa era effettivamente riuscita, la rappresentazione era stata scacciata
dalla coscienza e dalla memoria, e apparentemente la sua traccia psichica non
era più ritrovabile. Questa traccia tuttavia doveva esserci. Se mi sforzavo di
orientare l’attenzione su di essa, mi accadeva di avvertire come resistenza la
stessa forza che, nella genesi del sintomo, si era presentata come ripulsa. Se
io fossi ora riuscito a rendere plausibile che la rappresentazione fosse
diventata patogena proprio in conseguenza della ripulsa e della rimozione, il cerchio
appariva chiuso.”
Lo scopo quindi del medico è quello di orientare,
attraverso l'insistenza, l'attenzione del malato sulle rappresentazioni
prossime a quello dimenticate, per permetterne il ricordo. Come ulteriore
strumento si introduce “la pressione
sulla fronte” e la prima declinazione della “regola fondamentale” dell'analisi:
“Egli vedrà innanzi a sé come
immagine, o gli verrà in mente come idea, un ricordo, e gli impongo di
comunicarmi tale immagine o tale idea, quali essi siano. Egli non deve tenerla
per sé perché forse ritenga che non sia la cosa cercata, la cosa giusta, o
perché gli sia troppo sgradevole dirla. Nessuna critica, nessuna riserva, per
motivi di affetto o di disprezzo! Solo così ci è possibile trovare quel che si
cerca, e solo così lo si trova di certo.”
Nelle pagine successive descrive la natura associativa
dei legami tra i diversi ricordi, e come il riemergere del dimenticato non è
mai diretto, ma avviene attraverso il ricordo di diversi ricordi/anelli
intermedi, passaggio che non è evitabile in quanto:
“La
rappresentazione patogena – che, del resto, senza un lavoro preparatorio,
strappata dal suo contesto, sarebbe incomprensibile – ma ha mostrato la via ad
essa e la direzione nella quale l’indagine deve procedere.”
Dopo aver delineato quindi lo strumento
dell'insistenza, dell'orientare la concentrazione, del rassicurare,
dell'imporre le mani, e della “regola fondamentale” al fine di superare le
“resistenze” che impediscono alla rappresentazione patogena di ritornare alla
memoria, vengono approfondite le diverse modalità attraverso le quali le
resistenze di presentano e in particolar modo le caratteristiche dei ricordi
patogeni, o di quelli ad esso associati.
“Il ricordo
patogeno si riconosce dunque, oltre che da altre caratteristiche, dal fatto di
essere definito dal malato inessenziale e tuttavia di venire comunicato solo
con resistenza. Vi sono anche casi in cui il malato cerca di negare pur dopo
che è riemerso: “Adesso mi è venuta in mente una cosa, ma questa evidentemente
me l’ha suggerita Lei”, oppure: “So ciò che Lei si aspetta con questa domanda.
Lei crede certamente che io abbia pensato questo o quello.”
Vengono poi approfonditi i casi nei quali l'imporre le
mani fallisce, o perché il procedimento viene applicato a fenomeni non analizzabili,
in quanto somatici, o perché l'assenza di una ulteriore reminescenza è reale:
tale aspetto lo si può osservare nel volto del paziente, e dai segni di
tensione relativi al tentativo di difesa che il paziente sta mettendo in atto.
Successivamente approfondisce diverse questioni
relative all'organizzazione associativa tra le diverse rappresentazioni
patogene e non, interrogandosi sul fatto che fosse opera di una intelligenza
che coesiste a livello temporale con quella presente (una seconda personalità),
oppure che fosse frutto di un lavoro psichico temporalmente precedente. Un
secondo aspetto indagato e la forma:
“pluridimensionale, a stratificazione
per lo meno triplice del materiale psichico di una isteria basata su una
pluralità di rappresentazioni patogene, associate a una pluralità di traumi
parziale e concatenamenti di processi ideativi patogeni”.
Tale stratificazione del materiale psichico attorno
alla rappresentazione (o rappresentazioni patogene), è organizzatile attraverso
una disposizione cronologica lineare che si realizza all'interno di ogni
singolo tema. Uno riferibile al diverso grado di resistenza, man mano
crescente, mentre si avvicina al nucleo patologico. La terza si riferisce il
legame dato dal filo logico che giunge fino a tale nucleo, attraversando
rappresentazioni con valori diversi sia cronologicamente che per livello di
resistenza.
“La connessione logica corrisponde
non soltanto a una linea spezzata a zigzag, ma piuttosto a una linea
ramificata, e più precisamente a un sistema di linee convergenti. Esso ha punti
nodali nei quali due o più fili s’incontrano per proseguirne uniti; e al nucleo
fanno capo in genere più fili aventi andamenti tra loro indipendenti, oppure
collegati in certi punti da tratti laterali. È assai notevole, per dir le cose
con altre parole, osservare quanto spesso un sintomo sia determinato in vari
modi, sia sovradeterminato.”
Successivamente approfondisce la descrizione del
nucleo patogeno, mettendo in discussione la metafora del “corpo estraneo”,
afferma come tale descrizione sia fallace in quanto il gruppo psichico patogeno
non è distinto dall'Io (non lo si può enucleare, i suoi strati esterni vi si confondono e sono
posti in modo arbitrario dall'analisi).
Oggetto della terapia non è quindi l'estirpazione di alcun ché ma è
liquidazione del fattore che distingueva il gruppo psichico patogeno dal resto
dell'Io e ne poneva i confini, ossia la resistenza.
Viene nelle pagine successive descritta ancora in modo
più approfondito il procedere della terapia, che non può, anche qualora fosse
stato rintracciato, partire dal nucleo patogeno primario:
“Se pur si riuscisse a indovinare
tale nucleo, il paziente non saprebbe che farsene della spiegazione così
offertagli in regalo, e non ne verrebbe modificato psichicamente.”
Attraverso la rassicurante insistenza del medico,
affinché il materiale dimenticato venga ricordato, si procede, lungo il filo
logico delle rappresentazioni, entro i diversi livelli di resistenza, quando se
ne supera uno, si accede al successivo strato, il più delle volte le
rappresentazioni sembreranno sconnesse per riacquistare significato in seguito,
il paziente approfondisce le rappresentazioni in senso periferico (ed
orizzontale), il medico in senso radiale, seguendo il filo logico delle
associazioni del paziente. Tale lavoro di profondità non può essere demandato
alle “comunicazioni spontanee del paziente” in quanto
“La
descrizione del paziente sembra completa e conchiusa in sé. Ci si trova in
principio davanti a essa come davanti a un muro, che sbarra la vista e non
lascia sospettare se vi sia qualche cosa al di là e cosa sia. Quando tuttavia
si esamina con occhio critico la rappresentazione che si è ottenuta dal
paziente senza molta fatica e resistenza, si scoprono infallibilmente in essa
lacune e difetti. a connessione è visibilmente interrotta ed è rabberciata dal
malato con un modo di dire o con un’informazione insufficiente; là s’incontra
una giustificazione che in una persona normale si dovrebbe dire molto debole.
Il paziente non vuole riconoscere queste lacune quando si richiama la sua
attenzione su di esse. Il medico però ha ragione di cercare dietro questi punti
deboli il passaggio al materiale degli strati più profondi, di sperare di
trovare proprio qui i fili del nesso che insegue con il procedimento della
pressione.”
“Quando non si riesce a
vincere rapidamente la resistenza, si deve ritenere di avere seguito il filo
fin dentro uno strato che per il momento è ancora impenetrabile. Lo si lascia
allora cadere per afferrarne un altro che forse potrà essere seguito fino a un
punto altrettanto lontano. Quando con tutti i fili si è giunti nello stesso
strato, e vi si sono trovati i nodi a motivo dei quali il singolo filo isolato
non poteva più essere seguito, si può pensare ad aggredire nuovamente la
resistenza che ci sta di fronte.”
Nelle ultime pagine viene affrontato il ruolo della
relazione con il medico nel lavoro della terapia catartica, tale relazione è
centrale, affinché si superi l'effetto delle resistenze. In questo passaggio, vengono
definiti due aspetti della transfert, il primo relativo “al timore di abituarsi troppo alla persona del medico, di perdere la
propria indipendenza nei suoi confronti, e persino di poterne dipendere
sessualmente” il secondo relativo “al
fatto di trasferire sulla persona del medico le rappresentazioni penose che
emergono dal contenuto dell’analisi. Ciò è frequente, e anzi in alcune analisi
è un fatto generale. La traslazione sul
medico avviene per falso nesso.”
“Un certo sintomo isterico in una
delle mie pazienti era stato il desiderio, concepito molti anni prima e subito
ricacciato nell’inconscio, che l’uomo col quale stava conversando si fosse
fatto coraggio e afferrandola l’avesse baciata. Una volta, alla fine di una
seduta, sorge nella paziente un desiderio analogo nei riguardi della mia
persona; essa ne è terrorizzata, passa una notte insonne e la volta dopo, pur
non rifiutando il trattamento, si dimostra del tutto inutilizzabile per il
lavoro. Conosciuto ed eliminato l’ostacolo da parte mia, il lavoro procede
nuovamente, ed ecco che ora il desiderio che aveva tanto spaventato la paziente
riappare come ricordo, il primo dei ricordi patogeni ora richiesti dalla
connessione logica. Le cose si erano quindi svolte nel modo seguente. Dapprima
era emerso nella coscienza della paziente il contenuto del desiderio, senza i ricordi
delle circostanze accessorie che avrebbero permesso di localizzare questo
desiderio nel passato. Il desiderio così presente, in base alla coazione ad
associare che dominava la coscienza, era stato collegato con la mia persona, a
cui era consentito che la paziente rivolgesse la sua attenzione, e in seguito a
questa mésaillance – che io chiamo “falso nesso” – s’era destato lo stesso
affetto che, a suo tempo, l’aveva costretta a rifiutare quel desiderio
illecito.”
Le modalità di trattamento di tali impedimenti sono le
medesime di qualsiasi resistenza ossia rendendo cosciente dell'ostacolo la
paziente. Chiude il capitolo con la celebre definizione del destino della trattamento
analitico:
“Mi son sentito spesso
obiettare dai miei pazienti, quando promettevo loro aiuto o sollievo per mezzo
di una cura catartica: “Ma se dice Lei stesso che il mio male si collega
probabilmente alla mia situazione e al mio destino: a quelli Lei non può certo
recare alcun mutamento. In qual maniera mi vuole allora aiutare?” Ho potuto loro rispondere: “Non dubito affatto che dovrebbe essere più facile al destino che non a me
eliminare la Sua sofferenza: ma Lei si convincerà che molto sarà guadagnato se
ci riuscirà di trasformare la Sua miseria isterica in una infelicità comune.
Contro quest’ultima, Lei potrà difendersi meglio con una vita psichica
risanata.”
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