La comunicazione, in quanto «fatto relazionale irriducibile» viene ad essere considerata la forma primaria di riconoscimento tra gli uomini e il luogo di fondazione dell'intersoggettività in cui si esprime la reciprocità sottesa ad ogni relazione umana. Il lavoro di cooperazione verbale, che ne costituisce gran parte della fenomenologia, è una vera e propria attività congiunta, tale per cui gli enunciati di un interlocutore si intrecciano con gli enunciati dell'altro.
In una prospettiva di ‘interazione comunicativa’ attorno al circuito che lega i due interlocutori viene a crearsi un sistema d'ordine superiore
Le parole pronunciate da ciascuno dei due parlanti sono indirizzate sia a sé, sia all'altro, dando luogo, per così dire, ad un fenomeno di ‘doppio ascolto’. Significare e comprendere non sono più azioni indipendenti; detto in altri termini non si significa senza comprendere. Un parlante ha infatti bisogno di conoscere come l'altro ha ricevuto il suo messaggio per sapere cosa ne è stato, attraverso una sorta di retro-comprensione. Analogamente, ciascuno riceve - almeno in parte, precisa Jacques - ciò che avrà potuto emettere: ‘ciò che tu comprendi è ciò che io sono riuscito a significare’.
Ci troviamo quindi di fronte ad un sistema di interazione comunicativa, caratterizzato dalla sottomissione dei due parlanti al “funzionamento auto-organizzato” della diade che viene a costituirsi a seguito del loro accoppiamento relazionale. I parlanti si sottomettono quindi al funzionamento di del sistema che costituisce lo spazio interlocutorio comune, lo “spazio logico dell'interlocuzione” (Jacques,1985).
In questa prospettiva, ogni evento comunicativo viene ad essere un incontro dialettico tra due processi, un processo di espressione in cui un Io-comunicante si rivolge ad un Tu-destinatario - enunciatario ed un processo di interpretazione dove un Tu-interpretante si costruisce, a sua volta, un'immagine di Io-enunciatore , incrociandosi in un sottile gioco di attese e riconoscimenti reciproci. Sulla base di queste premesse, la comunicazione tra due interlocutori diviene di fatto uno scambio tra quattro personaggi. Dalla parte dell'io c'è un soggetto comunicante che agisce e si esprime ma vi è anche un Io-enunciatore che si ‘mette in scena’ attraverso le proprie parole e che attraverso di esse esprime le proprie intenzioni. Tutto questo, dal punto di vista del Tu, rappresenta l'immagine costruita dell'intenzionalità dell'Io-comunicante, realizzata appunto nell'atto di espressione. Dalla parte del Tu troviamo invece il Tu-destinatario-enunciatario, vale a dire l'interlocutore costruito dall'Io come proprio destinatario-ideale, in sintonia con l'atto di enunciazione compiuto, ma vi è anche il Tu-interpretante, un soggetto che agisce indipendentemente dall'immagine costruita dall'Io, in rapporto alla quale comunque si definisce confermandola o rifiutandola. L'ermeneutica dell'Io-enunciatore e delle sue intenzioni proposta dal Tu-interpretante può evidentemente divergere da quanto l'Io stesso progetta e sperimenta. Questo sdoppiamento dell'Io e del Tu, pur non essendo di immediata intuizione, di fatto aiuta a spiegare in termini cooperativi molte delle difficoltà che si incontrano di continuo nella comunicazione in rapporto allo scarto tra l'attività del locutore e quella dell'allocutario, tra intenzione e interpretazione, tra produzione e ricezione. E ciò costituisce un notevole contributo alla comprensione dell'attività interpretativa - di fatto il motore principale dell'interlocuzione - compiuta ad ogni turno di parola sui piani cognitivo e psicosociale.
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