A segnare la corrente crisi dell’idea e della pratica di democrazia, concorre in maniera ancora più determinate un altro fenomeno, che qui chiamerò: “rumore”. Se vogliamo fare della democrazia un regime nel quale possa avvenire un arricchente confronto pluralistico tra gli individui non possiamo ignorare il fatto che a dare impulso a un simile regime non è tanto la quantità, bensì la qualità di tale confronto pluralistico. C'è una determinante aggiunta: questo rumore non è affatto casuale o neutrale, al contrario, esso è strumento di (ri)produzione e mantenimento di un determinato tipo di controllo sociale, che in parte è direttamente amministrato da specifici interessi politici ed economici e in parte vive ormai di vita propria, tramite le logiche efficientiste e calcolanti della razionalità strumentale, che la tecnologia estremizza e divulga. Dalla rimozione del rumore, ne va quindi della possibilità di un’autentica democrazia (direi anche, dell’autenticità in toto). I problemi di oggi, come, appunto, il terribile fenomeno del rumore tramite una proliferazione indiscriminata dei discorsi. E il tutto, paradossalmente, spacciando questa operazione come il massimo della libertà (l'attuale articolazione politica di questo fenomeno è la cosiddetta web-democrazia diretta), al punto tale che chi ne propone una qualsiasi forma di regola(menta)zione, calibrazione viene subito etichettato come un censore oscurantista. Il mondo si trasforma così in rumore, oscurando i discorsi di valore e producendo di fatto una forma di censura (paradossalmente definita come libertà) molto più efficace della precedente, ingenuamente basata sul silenziamento diretto. Viene intaccata la possibilità di "riconoscimento" della differenza di suono fra un discorso significativo ed uno che non lo è: entrambi appaiono come elementi simili del/nel mare magnum. Mi sembra infatti che sia giunto il tempo di ragionare senza paura attorno alla costituzione di dispositivi selettivi, direi addirittura elitari, che possano filtrare dalla quantità la qualità, senza per questo abdicare al progetto illuministico del sapere aude. Solo così il sapere aude nel senso che, mantenendosi essenzialmente e radicalmente distinto dal "rumore", contribuisce a prendere posizioni di qualità. [Sollazzo, 2013 ]
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