mercoledì 21 maggio 2014

L'oggettività del credere


Partiamo dall'elementare formulazione marxiana del feticismo della merce: in una società in cui i prodotti del lavoro umano assumono la forma di merci, i rapporti essenziali tra le persone assumono la forma di rapporti tra le cose. Nel feudalesimo invece i rapporti tra persone sono mistificati, mediati da una rete di credenze e superstizioni ideologiche. Sono i rapporti tra il padrone e il servo, in cui il padrone esercita il suo carismatico potere di fascinazione sul servo e così via. Nel capitalismo i soggetti si considerano emancipati dalle superstizioni religiose e medievali, quando si relazionano tra di loro si comportano (o pensano di comportarsi, ndr.) come utilitaristi razionali, guidati unicamente dal principio egoistico. Il punto dirimente dell'analisi di Marx è che le cose (merci) credono al posto dei soggetti: è come se tutte le credenze e le superstizioni e le mistificazioni metafisiche, apparentemente superate dalla personalità razionale e utilitarista assumessero la forma tra rapporti sociali tra cose. I soggetti non credono più perché le cose credono al loro posto. E' in questo senso che è comprensibile la proposizione fondamentale di Lacan: contrariamente all'opinione comune secondo cui una credenza è qualcosa interiore e il sapere esteriore (nel senso che può essere verificato attraverso una procedura esteriore), è il credere a risultare radicalmente esteriore, incorporato nella condotta effettiva e pratica della gente. E' così che dobbiamo comprendere la fondamentale affermazione lacaniana secondo cui la psicanalisi non è una forma di psicologia: le credenze più recondite perfino le più intime emozioni, possono essere trasferite, delegate ad altri senza perdere in sincerità. Se ne possono fare alcuni esempi, come i mulini a vento tibetani, che pregano al posto mio, come il coro della tragedia greca, che prova dolore e compassione al posto nostro, o più precisamente, noi proviamo emozioni per mezzo del coro. Un esempio più vicino a noi sono le "risate in scatola" di certe serie televisive, dove ogni battuta è seguita da risate e applausi inclusi nel sonoro e che nel ruolo dell'Altro, incarnato nel televisore, ci sollevano dal dovere di ridire: ride al posto nostro. Dunque, anche se stanchi dopo una giornata di monotono lavoro, per tutta la sera non facciamo altro che sonnecchiare davanti allo schermo televisivo, possiamo riconoscere in seguito che, oggettivamente, per mezzo dell'altro ci siamo davvero divertiti. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]


Nessun commento:

Posta un commento