domenica 10 agosto 2014

Il pensiero dialettico, tra estensionismo e riduzionismo.


Rappresenta una sorta di sentiero intermedio tra il pensiero universalistico e quello relativistico. Il primo afferma l'esistenza di verità immutabili e universalmente valide, e di un ordine universale delle cose, la verità è assoluta e in ogni conflitto una parte è nel giusto, mentre l'altra è in errore. Il secondo sostiene che non esistono verità universali e che l'ordine delle cose dipende interamente dal sistema di riferimento di chi le osserva, la verità è relativa e nei conflitti è inutile ricercarla poiché essa dipende dalla prospettiva di riferimento dell'osservatore. 
Il pensiero dialettico, invece, sostiene che l'ordine e la verità evolvono e si sviluppano nel tempo. Nei conflitti, la verità va cercata attraverso una continua tensione verso la scoperta di ciò che viene escluso o tralasciato da ciascuna delle due parti, nella loro modalità peculiare di dare un ordine agli eventi. La verità si crea nel contesto di un nuovo ordinamento che sappia cogliere ed includere ciò che è stato precedentemente tralasciato da entrambe le parti. Il seguente esempio potrà forse essere utile: immaginiamo che una paziente sia cresciuta in una famiglia con una visione del mondo netta, e che in età adulta rifiuti tale visione e ne assuma una diversa, suscitando veemente disapprovazione della sua famiglia. Questa paziente potrà aderire alternativamente a una delle due seguenti asserzioni, a proposito della rispettiva concezione del mondo: o lei è nel giusto e la famiglia nel torto, oppure è lei che sbaglia e i suoi familiari hanno ragione. Chiunque fosse nel torto, dovrebbe rinunciare alla propria prospettiva e adottare quella della controparte. In questo caso, da un punto di vista formale, il compito dl terapeuta sarebbe quella di aiutare la paziente ad esaminare onestamente quelle delle due posizioni sia più vicina al vero, e quali siano le ragioni che le impediscono di accettare la verità, o la paziente sta adottando uno stile di pensiero disfunzionale e dovrebbe perciò modificarlo o al contrario, vede le cose correttamente e ha bisogno di sentirsi validata e di essere aiutata a credere di più in se stessa.
Un pensiero relativistico, in questo caso, partirebbe dal presupposto che nessuna delle due visioni del mondo è in sé giusta o sbagliata. In tal caso, l'obiettivo della terapia sarebbe quello di aiutare la paziente a scegliere la prospettiva a lei più utile. L'intervento terapeutico potrebbe concentrarsi sulla sua difficoltà ad assumersi al responsabilità del proprio punto di vista e del suo disfunzionale bisogno che gli altri siano d'accordo con lei o decidano in sua vece.
Un terapeuta di orientamento dialettico, invece, cercherebbe di aiutarla ad identificare i possibili fattori che, nel corso del tempo, possono aver determinato la sua visione del mondo, e ad analizzare come i suoi comportamenti abbiano, a loro volta influito sul punto di vista dei familiari e delle altre persone con le quali ella interagisce. La terapia in questo caso, sarebbe centrata sulla ricerca e la scoperta degli eventuali fattori che possano aver ostacolato l'ulteriore processo di sviluppo e cambiamento, nonché sulla modalità attraverso le quali la visione del mondo dei familiari si è anch'essa evoluta nel tempo, e sui fattori che ne impediscono ulteriori modificazioni. Il terapeuta potrebbe guidare la paziente verso al ricerca delle modalità attraverso le quali ciascuna delle due visioni del mondo sia aggiunge e consegue all'altra, il che suggerisce la possibilità di contemplare una visione del mondo senza necessariamente invalidare il proprio punto di vista. [Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, M. m. Linehan]

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