Il pensiero dialettico, invece, sostiene che l'ordine
e la verità evolvono e si sviluppano nel tempo. Nei conflitti, la verità va
cercata attraverso una continua tensione verso la scoperta di ciò che viene
escluso o tralasciato da ciascuna delle due parti, nella loro modalità
peculiare di dare un ordine agli eventi. La verità si crea nel contesto di un
nuovo ordinamento che sappia cogliere ed includere ciò che è stato
precedentemente tralasciato da entrambe le parti. Il seguente esempio potrà
forse essere utile: immaginiamo che una paziente sia cresciuta in una famiglia
con una visione del mondo netta, e che in età adulta rifiuti tale visione e ne
assuma una diversa, suscitando veemente disapprovazione della sua famiglia.
Questa paziente potrà aderire alternativamente a una delle due seguenti
asserzioni, a proposito della rispettiva concezione del mondo: o lei è nel
giusto e la famiglia nel torto, oppure è lei che sbaglia e i suoi familiari
hanno ragione. Chiunque fosse nel torto, dovrebbe rinunciare alla propria
prospettiva e adottare quella della controparte. In questo caso, da un punto di
vista formale, il compito dl terapeuta sarebbe quella di aiutare la paziente ad
esaminare onestamente quelle delle due posizioni sia più vicina al vero, e
quali siano le ragioni che le impediscono di accettare la verità, o la paziente
sta adottando uno stile di pensiero disfunzionale e dovrebbe perciò modificarlo
o al contrario, vede le cose correttamente e ha bisogno di sentirsi validata e
di essere aiutata a credere di più in se stessa.
Un pensiero relativistico, in questo caso, partirebbe dal presupposto che nessuna delle due visioni del mondo è in sé giusta o sbagliata. In tal caso, l'obiettivo della terapia sarebbe quello di aiutare la paziente a scegliere la prospettiva a lei più utile. L'intervento terapeutico potrebbe concentrarsi sulla sua difficoltà ad assumersi al responsabilità del proprio punto di vista e del suo disfunzionale bisogno che gli altri siano d'accordo con lei o decidano in sua vece.
Un pensiero relativistico, in questo caso, partirebbe dal presupposto che nessuna delle due visioni del mondo è in sé giusta o sbagliata. In tal caso, l'obiettivo della terapia sarebbe quello di aiutare la paziente a scegliere la prospettiva a lei più utile. L'intervento terapeutico potrebbe concentrarsi sulla sua difficoltà ad assumersi al responsabilità del proprio punto di vista e del suo disfunzionale bisogno che gli altri siano d'accordo con lei o decidano in sua vece.
Un terapeuta di orientamento dialettico, invece,
cercherebbe di aiutarla ad identificare i possibili fattori che, nel corso del
tempo, possono aver determinato la sua visione del mondo, e ad analizzare come
i suoi comportamenti abbiano, a loro volta influito sul punto di vista dei
familiari e delle altre persone con le quali ella interagisce. La terapia in
questo caso, sarebbe centrata sulla ricerca e la scoperta degli eventuali
fattori che possano aver ostacolato l'ulteriore processo di sviluppo e
cambiamento, nonché sulla modalità attraverso le quali la visione del mondo dei
familiari si è anch'essa evoluta nel tempo, e sui fattori che ne impediscono ulteriori
modificazioni. Il terapeuta potrebbe guidare la paziente verso al ricerca delle
modalità attraverso le quali ciascuna delle due visioni del mondo sia aggiunge
e consegue all'altra, il che suggerisce la possibilità di contemplare una
visione del mondo senza necessariamente invalidare il proprio punto di vista. [Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, M. m. Linehan]
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