venerdì 1 agosto 2014

Attraversare la fantasia sociale: l'ideologia antisemita.

La debolezza cruciale dei lavori "post-strutturalisti" dedicati fino ad oggi alla critica dell'ideologia, consiste nel fatto che essi si sono limitati ad analizzare l'efficienza di una ideologia esclusivamente attraverso il meccanismo dell'identificazione immaginaria e simbolica. Infatti a prima vista potrebbe sembrare che ciò che è attinente ad un'analisi dell'ideologia è soltanto il modo in cui essa funziona nel discorso, il modo in cui la serie di significati fluttuanti (democrazia, libertà, femminismo etc.) viene totalizzata, trasformata in un campo unificato mediante l'intervento di certi punti nodali (comunismo, liberismo etc.). Ma il caso del cosiddetto "totalitarismo" dimostra ciò che vale per ogni ideologia, per l'ideologia in quanto tale: ultimo sostegno dell'effetto ideologico, del modo in cui un significato ideologico di significanti ci domina è il nucleo insensato e preideologico di godimento.

Nell'ideologia non è quindi tutto ideologia, ma anche un surplus che è ultimo supporto dell'ideologia stessa.
Ecco perché possiamo affermare che esistono due pressi complementari di critica dell'ideologia:

- Una è discorsiva, la lettura sintomale del testo ideologico che produce la decostruzione dell'esperienza spontanea del suo significato, cioè dimostra come un dato campo ideologico sia il risultato di un montaggio di significati fluttuanti eterogenei e della loro totalizzazione mediante l'intervento di certi punti nodali. 

- L'altra mira ad estrarre il nucleo di godimento, ad articolare il modo in cui un'ideologia implica manipola, produce un godimento pre-ideologico strutturato nella fantasia. 

Prendiamo l'incarnazione dell'ideologia in quanto tale: l'antisemitismo. A livello dell'analisi del discorso, non è difficile articolare il sistema di sovra-determinazione simbolica investito nella figura dell'ebreo. per prima cosa c'è lo spostamento, il trucco di base dell'antisemitismo è di spostare l'antagonismo sociale su un antagonismo tra il corpo sociale sano, e un esterno, l'ebreo quale forza che lo corrode. Perciò non è la società in sé che è impossibile, basata sull'antagonismo, al fonte della corruzione viene individuata in un essere particolare, l'ebreo. Questo spostamento è reso possibile dall'associazione tra ebrei e relazioni finanziarie: la fronte dello sfruttamento e dell'antagonismo di classe viene individuata non nel rapporto di produzione tra classe lavoratrice e classe dirigente, ma nel rapporto tra le forze produttive e i commercianti che sfruttano le classi produttive, sostituendo alla cooperazione organica la lotta di classe. La figura dell'ebreo è un sintomo nel senso di un messaggio in codice, cifrato, una rappresentazione deformata dell'antagonismo sociale: smontando lavoro di spostamento/condensazione possiamo determinarne il significato. 
Ma questa spiegazione non basta a spiegare come la figura dell'ebreo catturi il nostro desiderio, ossia come l'ebreo entra nella cornice della fantasia che struttura il nostro godimento. La fantasia è sostanzialmente uno scenario che riempe lo spazio vuoto di una fondamentale impossibilità, uno schermo che maschera il vuoto. Dietro di essa non c'è nulla e che questo nulla terrifico è proprio ciò che questa fantasia maschera. Ora è chiaro come possiamo usare questa nozione di fantasia nel campo della vera e propria ideologia: anche qui non esiste alcun rapporto di classe, la società è sempre attraversata da una frattura antagonistica che non può essere integrata nell'ordine simbolico. La scommessa della fantasia socio-ideologica è quella di costruire una visione della società che davvero esista, una società che non sia fratturata da una divisione antagonistica, una società in cui il rapporto tra le sue parti sia organico, complementare. Come possiamo allora rendere conto della distanza tra questa visione e la società effettivamente divisa dalle lotte antagonistiche? La risposta è, ovviamente, l'ebreo: un elemento esterno, un corpo estraneo che introduce la corruzione del "sano" tessuto sociale. In breve, l'ebreo è un feticcio che al contempo nega e incarna l'impossibilità strutturale della società, è come se la figura dell'ebreo questa impossibilità avesse acquistato un'esistenza concreta, palpabile, ragion per cui esso segna l'eruzione del godimento nel campo sociale. L'ebreo diviene il mezzo per il fascismo di rendere conto della propria impossibilità, di rappresentare, la propria impossibilità: nella sua presenza concreta egli è solo l'incarnazione della definita impossibilità del progetto totalitario, del suo limite immanente. L'intera ideologia fascista è strutturata come una lotta contro l'elemento che prende il posto dell'immanente impossibilità del progetto fascista stesso; l'ebreo non è che l'incarnazione feticista di un certo blocco fondamentale. 
Perciò la critica dell'ideologia deve invertire il nesso di causalità percepito dalla sguardo totalitario: lungi dall'essere la causa positiva dell'antagonismo sociale, l'ebreo non è che l'incarnazione di un certo blocco, dell'impossibilità che impedisce alla società di raggiungere la propria identità piena quale totalità chiusa e omogenea. Lungi dall'essere la causa positiva della negatività sociale, l'ebreo è un punto in cui la negatività sociale in quanto tale assume un'esistenza positiva. In questo modo, riusciamo ad articolare un'altra formula della prassi fondamentale della critica dell'ideologia. Individuare in una data costruzione ideologica l'elemento che al suo interno ne rappresenta l'impossibilità. Non è l'ebreo che impedisce alla società di raggiungere la sua piena identità, la sua stessa natura antagonistica; è il suo stesso blocco immanente che lo impedisce, ed essa proietta questa negatività interna sulla figura dell'ebreo. Ciò che è escluso dal simbolico (dalla cornice dell'ordine socio-simbolico corporativo) ritorna nel reale come costruzione paranoica dell'ebreo. 

Gli ebrei rappresentano un sintomo sociale: sono il punto in cui l'antagonismo sociale immanente assume una forma concreta, il punto in cui diventa ovvio che la società non funziona, che il meccanismo sociale scricchiola. Se lo osserviamo attraverso la cornice della fantasia l'ebreo appare come un intruso che porta dall'esterno disordine, disintegrazione e corruzione dell'edificio sociale. Esso appare come causa esteriore e concreta la cui eliminazione permetterebbe di ristabilire ordine, stabilità e identità. Ma attraversando il fantasma dobbiamo allo stesso tempo identificarci con il sintomo: dobbiamo riconoscere nelle proprietà attribuite all'ebreo il prodotto necessario del nostro stesso sistema sociale: dobbiamo riconoscere negli eccessi attribuiti agli ebrei la verità su noi stessi. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Zizek]

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