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venerdì 30 maggio 2014
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venerdì 23 maggio 2014
La storia la scrivono i vincitori
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I sintomi sono tracce prive di senso, il loro significato non è scoperto o dissotterrato dalle profondità nascoste del passato, ma costruito in modo retroattivo: l'analisi produce la verità; e cioè essa produce la struttura significante che conferisce ai sintomi la loro collocazione simbolica e il loro senso. Non appena entriamo nell'ordine simbolico, il passato è sempre presente. Ogni rottura storica, ogni avvento di un nuovo significante-padrone, cambia retroattivamente il significato di tutta la tradizione, ristruttura la narrazione del passato lo rende leggibile in un modo diverso e nuovo. Ecco allora che "cose che non vogliono dir nulla improvvisamente significano qualcosa, ma in tutt'altro campo". Paradossalmente riusciamo ad elaborare questa conoscenza solo per mezzo dell'illusione che l'altro già detenga: il transfert. Esso rappresenta una illusione tale che non può essere aggirata affinché si acceda direttamente alla Verità: la Verità stessa è costituita attraverso l'illusione che è propria del transfert.
giovedì 22 maggio 2014
Riepilogando ci si è chiesti in che senso Marx inventò il sintomo intendendolo come un'asimmetria, uno squilibrio "patologico" che smentisce l'universalismo borghese dei "diritti e doveri", "un elemento particolare che sovverte il proprio fondamento universale". In particolare la prima nozione di sintomo in Marx è stata individuata nella sua definizione di passaggio tra il sistema feudale e il sistema capitalistico, e in particolare dal passaggio tra feticismo tra persone (un misconoscimento del fatto che le qualità dei soggetti dipende dalla loro relazione e non da una qualità inerente i soggetti stessi) e feticismo delle merci, in cui questo misconoscimento passa dal rapporto tra persone al rapporto tra cose.
Individuato un nesso tra il concetto di sintomo e il concetto di feticismo della merce, si procede ad indagarne le relazioni con il concetto di totalitarismo. Nel farlo Zizek ne distingue due forme: la prima sintetizzabile nella frase di Marx "non sanno di far ciò, ma lo fanno" e che rappresenta un attaccamento dogmatico alla parola ufficiale. La seconda è rappresentata invece dalla riformulazione "sanno di far ciò, ma lo fanno" dove questo il distacco ironico, cinico, fa parte del gioco. Presentando un nuovo concetto di ideologia, lo riformula non come "un illusione che maschera il reale stato delle cose, ma quello di una fantasia (inconscia) che organizza la realtà sociale" il cinismo, deformazione dell'ironia (un potente antidoto all'ideologia) è: "solo uno dei modi, uno dei tanti, di renderci ciechi di fronte al potere strutturante della fantasia ideologica". All'interno di questo sistema, l'agire in un determinato modo, pur non credendoci, ma perché tanto è così che va il mondo, sottintende già una sottomissione ad una fantasia ideologica che, come Pascal definiva "automa", Lacan definisce "l'automa, (la lettera morta) che trascina l'intelletto" grazie al circolo tautologico dell'autorità.
mercoledì 21 maggio 2014
La fantasia come supporto alla realtà
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Lo stesso vale per il sogno ideologico, la determinazione dell'ideologia come costruzione onirica che ci impedisce di vedere il reale stato delle cose, la realtà in quanto tale. Tentiamo invano di evadere dal sogno ideologico, di aprire gli occhi: come soggetti di questo sguardo post-ideologico, oggettivo e sobrio, liberi dai cosiddetti pregiudizi ideologici, come soggetti di uno sguardo diretto alle cose per come esse sono in realtà, rimaniamo comunque immersi nella coscienza del nostro sogno ideologico, il solo modo di spezzare il suo potere è di affrontare il reale del nostro desiderio che si annuncia in questo sogno.
Prendiamo in esame l'antisemitismo. Non basta dire che dobbiamo liberarci dai pregiudizi antisemiti e imparare a vedere gli ebrei nella loro realtà, in tal modo rimarremmo sicuramente vittime di questi pregiudizi. Dobbiamo invece confrontarci con il modo in cui la figura ideologica dell'ebreo è investita dal nostro desiderio di inconscio, con il modo in cui abbiamo costruito questa figura per rifuggire una certa impasse del nostro desiderio. Ci basti ricordare quello che Lacan dice a proposito del marito patologicamente geloso: anche se tutti i fatti che richiama a sostengo della sua gelosia fossero accertati, anche se la moglie andasse veramente a letto con altri uomini ciò non cambierebbe di una virgola la natura della sua gelosia, che rimarrebbe comunque una costruzione patologica e paranoica.
Non sarebbe possibile risolvere il pregiudizio antisemita con una dimostrazione del fatto che tale pregiudizio è falso, perché questo tentativo cadrebbe inascoltato o non farebbe altro che confermare tale pregiudizio, perciò la risposta appropria all'antisemitismo è che l'idea antisemita dell'ebreo non ha nulla a che vedere con gli ebrei, la figura ideologica dell'ebreo è un rimedio all'incoerenza del nostro sistema ideologico. Ecco perché la stessa esperienza quotidiana non può nulla contro il pregiudizio ideologico. Infatti fino a quando l'esperienza quotidiana fornisce una tale resistenza, l'ideologia antisemita non ci ha ancora veramente toccati, infatti l'ideologia ci tiene in suo potere solo quando non percepiamo alcuna opposizione tra essa e la realtà, cioè quando riesce a determinare la nostra esperienza quotidiana della realtà. Una ideologia ha veramente successo quando perfino i fatti che a prima vista la contraddicono s traducono in argomenti a suo favore. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]
L'oggettività del credere
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mercoledì 14 maggio 2014
Il cinismo come forma di ideologia
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Al concetto di ideologia veniva quindi affiancato una sorta di costitutiva ingenuità: il misconoscimento dei suoi stessi presupposti, delle sue condizioni oggettive, una distanza, una divergenza tra la cosiddetta realtà sociale e le distorte rappresentazioni soggettive, la falsa scienza di tale realtà. Ecco perché questa "coscienza ingenua" può essere sottoposta alla prassi della critica dell'ideologia. Il compito di tale prassi è di guidare l'ingenua coscienza ideologica nel processo di disvelamento delle sue condizione affettive, la realtà sociale che sta formando, cosicché, attraverso questo atto, dissolva sé stessa.
Ma tale concetto di ideologia come coscienza ingenua vale ancora per il mondo odierno? Peter Sloterdijk avanza l'ipotesi secondo cui l'ideologia dominante sia essenzialmente cinica, il che rende impossibile, l'orientamento critico-ideologico classico. Il soggetto cinico è ben cosciente della distanza tra la maschera ideologica e la realtà sociale, ma nondimenno rimane fedele alla maschera. La formula precedentemente esposta, è stata quindi riformulata in "sanno benissimo quello ce fanno, e tuttavia continuano a farlo" [c'è da chiedersi se il sapere possa essere svincolato dal fare, ho sempre sentito il sapere privo di etica come una forma di non sapere, sentendolo una parola tesa al mantenimento dello status quo più che al suo miglioramento, una forma di parola priva di una vera intenzionalità]. La ragione cinica non è ingenua, in quanto incarna il paradosso di una falsa coscienza illuminata: sappiamo riconoscere la falsità, siamo del tutto consapevoli dell'interesse particolare che si cela dietro l'universalità ideologica, e tuttavia non siamo disposti a rinunciarvi. E' importante distinguere però il kienismo (il rifiuto popolare e plebeo della cultura ufficiale per mezzo dell'ironia e del sarcasmo) con il cinismo, che ne rappresenta la risposta della cultura dominante. Quest'ultimo tiene conto dell'interesse particolare dietro l'universalità ideologica, la distanza tra la maschera ideologica e la realtà ma trova ancora valide ragioni per mantenere la maschera. Il cinismo non è una franca attestazione di immoralità, assomiglia più a una moralità messa al servizio dell'immoralità, il modello della saggezza cinica prevede che si concepiscano le probità e l'integrità come manifestazioni supreme di disonestà, la moralità come la massima forma di dissolutezza, la verità come la più efficace delle menzogne. Perciò il cinismo è una specie di perversa negazione della negazione dell'ideologia ufficiale: di fronte all'arricchimento illegale, alla rapina, la reazione cinica consiste nel dire che il profitto legale è ben più efficace e per di più tutelato dalla legge.
E' chiaro che, di fronte a questa ragione cinica, la tradizionale critica dell'ideologia non ha efficacia. Non è più possibile sottoporre il testo ideologico ad una lettura sintomatica. La ragione cinica stabilisce questa distanza fin dal principio. Siamo costretti quindi ad affermare che, con il regno della ragione cinica, ci troviamo nel cosiddetto mondo post-ideologico? Adorno definisce l'ideologia, come un sistema che avanza una pretesa di verità, e cioè non è semplicemente una menzogna, ma una menzogna esperita come verità, una menzogna che pretende di essere presa seriamente. L'ideologia totalitaria non ha più questa pretesa. Non è più previsto che sia presa sul serio, nemmeno dai suoi stessi fautori: il suo status è quello di un mezzo di manipolazione, puramente esterno e strumentale, il suo dominio è garantito non dal valore di verità, ma dalla mera violenza extra-ideologica e dalla promessa di un guadagno.
E' a questa altezza che dobbiamo introdurre la distinzione tra il sintomo e la fantasia per mostrare come l'idea secondo cui viviamo in una società post-ideologica procede un po' troppo velocemente: la ragione cinica, con tutto il suo distacco ironico, lascia intatto il livello fondamentale della fantasia ideologica, il livello sul quale l'ideologia organizza la realtà sociale. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]
Ma tale concetto di ideologia come coscienza ingenua vale ancora per il mondo odierno? Peter Sloterdijk avanza l'ipotesi secondo cui l'ideologia dominante sia essenzialmente cinica, il che rende impossibile, l'orientamento critico-ideologico classico. Il soggetto cinico è ben cosciente della distanza tra la maschera ideologica e la realtà sociale, ma nondimenno rimane fedele alla maschera. La formula precedentemente esposta, è stata quindi riformulata in "sanno benissimo quello ce fanno, e tuttavia continuano a farlo" [c'è da chiedersi se il sapere possa essere svincolato dal fare, ho sempre sentito il sapere privo di etica come una forma di non sapere, sentendolo una parola tesa al mantenimento dello status quo più che al suo miglioramento, una forma di parola priva di una vera intenzionalità]. La ragione cinica non è ingenua, in quanto incarna il paradosso di una falsa coscienza illuminata: sappiamo riconoscere la falsità, siamo del tutto consapevoli dell'interesse particolare che si cela dietro l'universalità ideologica, e tuttavia non siamo disposti a rinunciarvi. E' importante distinguere però il kienismo (il rifiuto popolare e plebeo della cultura ufficiale per mezzo dell'ironia e del sarcasmo) con il cinismo, che ne rappresenta la risposta della cultura dominante. Quest'ultimo tiene conto dell'interesse particolare dietro l'universalità ideologica, la distanza tra la maschera ideologica e la realtà ma trova ancora valide ragioni per mantenere la maschera. Il cinismo non è una franca attestazione di immoralità, assomiglia più a una moralità messa al servizio dell'immoralità, il modello della saggezza cinica prevede che si concepiscano le probità e l'integrità come manifestazioni supreme di disonestà, la moralità come la massima forma di dissolutezza, la verità come la più efficace delle menzogne. Perciò il cinismo è una specie di perversa negazione della negazione dell'ideologia ufficiale: di fronte all'arricchimento illegale, alla rapina, la reazione cinica consiste nel dire che il profitto legale è ben più efficace e per di più tutelato dalla legge.
E' chiaro che, di fronte a questa ragione cinica, la tradizionale critica dell'ideologia non ha efficacia. Non è più possibile sottoporre il testo ideologico ad una lettura sintomatica. La ragione cinica stabilisce questa distanza fin dal principio. Siamo costretti quindi ad affermare che, con il regno della ragione cinica, ci troviamo nel cosiddetto mondo post-ideologico? Adorno definisce l'ideologia, come un sistema che avanza una pretesa di verità, e cioè non è semplicemente una menzogna, ma una menzogna esperita come verità, una menzogna che pretende di essere presa seriamente. L'ideologia totalitaria non ha più questa pretesa. Non è più previsto che sia presa sul serio, nemmeno dai suoi stessi fautori: il suo status è quello di un mezzo di manipolazione, puramente esterno e strumentale, il suo dominio è garantito non dal valore di verità, ma dalla mera violenza extra-ideologica e dalla promessa di un guadagno.
E' a questa altezza che dobbiamo introdurre la distinzione tra il sintomo e la fantasia per mostrare come l'idea secondo cui viviamo in una società post-ideologica procede un po' troppo velocemente: la ragione cinica, con tutto il suo distacco ironico, lascia intatto il livello fondamentale della fantasia ideologica, il livello sul quale l'ideologia organizza la realtà sociale. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]
Dal feticismo tra persone al feticismo della merce
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E' qui presente un parallelismo tra due livelli di feticismo, ed è ora cruciale stabilire l'esatta natura di tale rapporto, in particolare non vi è una omologia,: è impossibile dire che nelle società capitalistiche accade lo stesso sia con gli uomini che con le merci. E' vero proprio il contrario dove vi è un feticismo della merce i rapporti tra gli uomini non sono affatto feticizzati, in quanto consistono in interazioni tra persone libere ognuna delle quali persegue il proprio interesse egoistico.. Il modello è lo scambio di mercato: due soggetti si incontrano e il loro rapporto non è condizionato dalla venerazione per il signore., dalla sua condiscendenza e protezione nei confronti dei sudditi, essi sin incontrano come individui la cui attività è interamente determinata dall'interesse egoistico, che agiscono ciò da buoni utilitaristi.
Le due forme di feticismo sono quindi, non omologhe ma incompatibili: nelle società in cui regna il feticismo nei rapporti tra gli uomini, nelle società precapitaliste, il feticismo della merce non è ancora sviluppato, perchéè la produzione naturale e non la produzione per il mercato a predominare. Questo feticismo, nei rapporti tra gli uomini si richiama a relazioni di dominio e servitù, vale a dire nella relazione tra signoria e servitù. La scomparsa del signore nel capitalismo è soltanto una rimozione del signore, come la defeticizzazione nei rapporti tra persone è pagata contro l'emergere del feticismo nei rapporti tra le cose, nel feticismo della merce. il luogo del feticismo si è quindi solo spostato dai rapporti intersoggettivi ai rapporti tra le cose: i rapporti sociali fondamentali, quelli di produzione, non son o più immediatamente trasparenti nella forma dei rapporti di dominio e servitù perché sono mascherati sotto la forma dei rapporti sociali tra cose, tra i prodotti del lavoro.
Ecco perché è possibile rintracciare la scoperta del sintomo nel modo in cui Marx concepì il passaggio dal feudalesimo al capitalismo. Con l'affermarsi della società borghese i rapporti di dominio e servitù sono repressi, abbiamo a che fare con soggetti liberi cui rapporti interpersonali sono purgati da ogni forma di feticismo. Al contrario la verità repressa, quella del persistere di dominio e servitù, emerge nel sintomo che sovverte l'apparenza ideologica dell'uguaglianza e della libertà.
"Invece di apparire in ogni modo come loro rapporti personali, i rapporti sociali tra individui sono travestiti da rapporti sociali fra le cose: abbiamo qui una precisa definizione del sintomo isterico, dell'isteria di conversione propria del capitalismo." [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]
Ecco perché è possibile rintracciare la scoperta del sintomo nel modo in cui Marx concepì il passaggio dal feudalesimo al capitalismo. Con l'affermarsi della società borghese i rapporti di dominio e servitù sono repressi, abbiamo a che fare con soggetti liberi cui rapporti interpersonali sono purgati da ogni forma di feticismo. Al contrario la verità repressa, quella del persistere di dominio e servitù, emerge nel sintomo che sovverte l'apparenza ideologica dell'uguaglianza e della libertà.
"Invece di apparire in ogni modo come loro rapporti personali, i rapporti sociali tra individui sono travestiti da rapporti sociali fra le cose: abbiamo qui una precisa definizione del sintomo isterico, dell'isteria di conversione propria del capitalismo." [L'oggetto sublime dell'ideologia, Slavoj Zizek 1989]
lunedì 5 maggio 2014
La struttura della rivoluzione (scientifica e non)
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Un aspetto dell'analogia dovrebbe essere già evidente. Le rivoluzioni politiche sono introdotte da una sensazione sempre più forte, spesso avvertita solo da un settore della società, che le istituzioni esistenti hanno cessato di costituire una risposta adeguata ai problemi posti da una situazione che esse stesse hanno in parto contribuito a creare. In modo più po' meno identico, le rivoluzioni scientifiche sono introdotte da una sensazione crescente, anche questa avvertita solo da un settore ristretto della comunità scientifica, che un paradigma esistente ha cessato di funzionare adeguatamente nell'esplorazione di un aspetto della natura.
Sia
nello sviluppo sociale, come nello sviluppo scientifico, è la
sensazione di un cattivo funzionamento che può portare ad una
crisi.
L'analogia
ha però un secondo e in più profondo aspetto da cui dipende il
significato del primo. Le rivoluzioni politiche mirano a mutare le
istituzione politiche in forme che sono proibite da quelle stesse
istituzioni e il loro successo richiede perciò l'abbandono parziale di
un insieme di istituzioni a favore di altre, e
nel frattempo la società cessa completamente
di essere governata da istituzioni.
All'inizio
è soltanto una crisi che indebolisce il ruolo delle istituzioni
politiche, allo tesso modo che, come abbiamo visto, indebolisce il
ruolo dei paradigmi. In numero sempre maggiore gli individui si
allontanano sempre più dalla vita politica ufficiale e si
comportano in modo sempre più indipendente. Quindi con
l'approfondirsi della crisi, parecchi di questi individui si
riuniscono intorno a qualche proposta concreta per la ricostruzione
della società in una nuova struttura istituzionale. A questo punto
la società è divisa in campi o partiti avversi, l'uni s'impegnano
nel tentativo di difendere la vecchia struttura istituzionale e gli
altri impegnano nel tentativo di istituirne una nuova. E una volta
che tale polarizzazione si è verificata, la lotta puramente politica
non serve più. Siccome differiscono circa la matrice istituzionale
all'interno della quale va raggiunto e valutato il cambiamento
politico, siccome non riconoscono nessuna struttura che stia al di
sopra dell'istituzione, alla quale possano riferirsi per giudicare
della differenza rivoluzionaria, i partiti impegnati in un conflitto
rivoluzionari devono al fine far ricorso alle tecniche della
persuasione di massa, che spesso includono la forza. Analogamente alla scelta fra istituzioni politiche contrastanti, la scelta tra paradigmi contrastanti dimostra di essere una scelta tra forme incompatibili di vita sociale. Rappresentando
una scelta tra forme incompatibili di vita sociale, la scelta non può
essere determinata esclusivamente dai procedimenti di valutazione
propri della scienza normale poiché questi dipendono in parte da un
particolare paradigma e questo paradigma è ciò che viene messo in
discussione. Quando i paradigmi entrano in un dibattito sulla scelta
di paradigmi il ruolo ruolo è circolare. Ciascun gruppo usa il proprio paradigma per argomentare in difesa di quel paradigma. Lo status dell'argomentazione circolare è sempre quello della persuasione. Esso non può essere reso logicamente o probabilisticamente convincente per coloro che rifiutano di inserirsi nel circolo. le premesse e i valori comuni ad entrambi i partiti impegnati nel dibattito sui paradigmi non sono sufficientemente estesi per avere questo effetto. Tanto nelle rivoluzioni politiche come nella scelta dei paradigmi non v'è nessun criterio superiore al consenso della popolazione interessata. Per coprire in che modo vengono effettuate le rivoluzioni scientifiche dovremo perciò esaminare non solo la corrispondenza tra natura e logica ma anche le tecniche di persuasione che hanno efficacia entro i gruppi abbastanza specifici che costituiscono la comunità scientifica.
Vi sono alcune ragioni che spiegano la incompletezza di contatto logico che caratterizza costantemente le discussioni sui paradigmi (sociali e scientifici). Ad esempio poiché nessun paradigma risolve mai tutti i problemi che esso definisce e poiché non succede mai che due paradigmi lascino irrisolti proprio gli stessi problemi, le discussioni sui paradigmi implicano sempre la stessa questione: Quali sono i problemi che è più importante risolvere? Analogamente alla disputa concernente i modelli contrastanti, la questione dei valori può trovare una risposta soltanto in termini di criteri che stanno completamente al di fuori della scienza normale, ed è un tale ricorso a criteri esterni che in maniera più evidente rende rivoluzionari i dibattiti sui paradigmi. [La struttura delle rivoluzioni scientifiche, T. Kuhn 1961]
Vi sono alcune ragioni che spiegano la incompletezza di contatto logico che caratterizza costantemente le discussioni sui paradigmi (sociali e scientifici). Ad esempio poiché nessun paradigma risolve mai tutti i problemi che esso definisce e poiché non succede mai che due paradigmi lascino irrisolti proprio gli stessi problemi, le discussioni sui paradigmi implicano sempre la stessa questione: Quali sono i problemi che è più importante risolvere? Analogamente alla disputa concernente i modelli contrastanti, la questione dei valori può trovare una risposta soltanto in termini di criteri che stanno completamente al di fuori della scienza normale, ed è un tale ricorso a criteri esterni che in maniera più evidente rende rivoluzionari i dibattiti sui paradigmi. [La struttura delle rivoluzioni scientifiche, T. Kuhn 1961]
Estensionismo e riduzionismo nelle rivoluzioni scientifiche (appunti)
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Però
non mi appare assimilabile la rivoluzione scientifica con il
movimento estensionista. Infatti, nel momento stesso in cui, un
paradigma viene superato a favore di un nuovo, immediatamente si
avvia quell'opera di riduzione all'uno del paradigma, e anzi, un
paradigma può essere accettabile, e viene preso in considerazione,
solo a patto che permetta quest'opera di riduzione. L'abbandono di un
paradigma è mosso proprio dalla perdita della sua capacità di
riduzione, in quanto appaiono sempre con maggiore frequenza fenomeni
che non possono essere compresi al suo interno.
Nel
rintracciare l'estensionismo nel modo di procedere della scienza,
questo appare un movimento in gran parte privato, a differenza del
riduzionismo della scienza normale e rivoluzionario che appaiono
movimenti prevalentemente sociali.
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