lunedì 25 agosto 2014

L'utopia di Moro (1518)

Moro è ricordato quasi unicamente per la sua Utopia (1518). Utopia è un'isola nell'emisfero meridionale, dove tutto va nel miglior modo possibile. Ad Utopia, come nella repubblica di Platone, tutte le cose sono in comune, perché non si può avere pubblico bene là dove esiste la proprietà privata, e senza il comunismo non ci può essere eguaglianza. Moro, nel dialogo, obietta che il comunismo renderebbe gli uomini pigri e distruggerebbe il rispetto per i magistrati; a questo viene replicato che nessuno che fosse vissuto ad Utopia direbbe qualcosa di simile. Ad Utopia ci sono cinquantaquattro città, tutte di eguale importanza, meno una che è la capitale. Tutte le strade sono larghe venti piedi, e tutte le case d'abitazione sono uguali, con una porta sulla strada e una sul giardino. Non ci sono serrature alle porte, e tutti possono entrare in qualunque casa. Ogni dieci anni la gente cambia casa, a quanto pare per escludere qualsiasi sentimento di proprietà. Nelle campagne ci sono fattorie, in ciascuna delle quali non vivono meno di quaranta persone compresi due schiavi; ciascuna fattoria è sotto la guida di un signore e di una signora, vecchi e saggi. Tutti sono vestiti allo stesso modo, e c'è solo differenza tra i vestiti degli uomini e delle donne, e tra quelli delle persone sposate non sposate. Le mode non cambiano mai, e non c'è differenza tra abbigliamenti estivi ed invernali. Tutti gli uomini come lo donne lavorano sei ore al giorno, tre prima di pranzo e tre dopo. Di prima mattina ci sono delle lezioni a cui si recano delle moltitudini, benché non esista alcun obbligo di parteciparvi. Sei ore di lavoro sono sufficienti, perché non esistono pigri e non ci sono lavori inutili. Da noi le donne, i preti, i ricchi, i servitori e i mendicanti per lo più non fanno nulla di utile, e anzi si impegna molto lavoro per produrre a favore dei ricchi cose lussuose e non necessarie: tutto questo ad Utopia è evitato. Alcuni vengono prescelti per diventare uomini di cultura, e, se danno buon risultato, vengono esentati dagli altri lavori. Tutti coloro che devono occuparsi del governo vengono scelti tra i dotti. Il governo è una rappresentanza democratica, con un sistema di elezioni indirette; alla testa c'è un principe eletto a vita, ma che può venir deposto qualora scivolasse nella tirannide. La vita familiare è patriarcale, i figli sposati vivono nella casa del padre e restano sotto la sua guida, a meno che non sia rimbambito.Se una famiglia diventa troppo numerosa i bambini in eccesso vengono assegnati ad un altra famiglia. Se una città diventa troppo grande, alcuni abitanti vengono trasferiti in un'altra. Se tutte le città sono troppo grandi, viene costruita una nuova città. non si dice nulla so ciò che andrà fatto quando tutto il territorio sarà coperto di costruzioni. L'uccisione delle bestie per procurarsi del cibo è effettuata dagli schiavi, per evitare che i liberi possano apprendere la crudeltà. Ci sono degli ospedali così perfetti che i malati li preferiscono alle proprie case. Mangiare a casa è permesso, ma la maggior parte del popolo mangia in saloni comuni. Quanto al matrimonio, sia gli uomini che le donne sono severamente puniti se non sono vergini quando si sposano. Esiste il divorzio per adulterio e per "intollerabile ostinazione " di una delle due parti, ma il colpevole non può risposarsi. A volte il divorzio è ammesso senza che vi sia colpa di uno dei coniugi ma unicamente quando entrambe le parti lo desiderano. Chi viola il vincolo matrimoniale viene punito con la schiavitù. Esiste un commercio estero, principalmente per procurarsi il ferro che nell'isola non c'è. Si utilizza il commercio anche a scopi bellici. Gli Utopici non tengono in nessuna considerazione la gloria marziale benché tutti imperino a combattere, le donne come gli uomini. Si decidono alla guerra per tre motivi: per difendere il proprio territorio quando  invaso, per liberare dagli invasori il territorio di un alleato, per liberare dalla tirannide, nazione oppressa. Ma quando possono, impiegano dei mercenari per combattere le guerre in vece loro. Per sé non hanno denaro, ed insegnano il disprezzo per l'oro adoperandolo per i vasi da notte e per le catene degli schivi. Perle e diamanti sono usati come ornamenti per bambini, ma mai per gli adulti. Si sarò notato che l'atteggiamento degli utopici verso la guerra è più ragionevole che eroico, benché, quando è necessario, essi mostrino un gran coraggio. Quanto all'etica essi sono un po' troppo inclini a pensare che la felicità consista nel piacere. Hanno diverse religioni, tutte tollerate. Quasi tutti credono in Dio e nell'immortalità, i pochi che non credono non sono considerati cittadini e non prendono parte alla vita politica, ma non sono altrimenti molestati. Gli schiavi sono gente condannata per atroci offese, o stranieri condannati a morte nei loro paesi, ma che gli Utopici hanno accettato di assumere in schiavitù. In caso di malattia dolorosa e incurabile, si consiglia al paziente di uccidersi, ma lo si cura con tutta la dovuta attenzione se rifiuta di farlo. L'importanza del comunismo viene continuamente sottolineata, verso la fine leggiamo che, nelle altre nazioni, gli Utopici "non scorgono altro se non una connivenza tra i ricchi, la quale procura loro ogni comodità sotto il nome e il pretesto del benessere comune." L'utopia di Moro era, sotto molti aspetti, liberale in maniera sorprendente. Non penso tanto alla predicazione del comunismo, che rientrava nelle tradizioni di moti movimenti religiosi. penso piuttosto ciò che vi si dice intorno alla guerra, alla religione e alla tolleranza religiosa, all'uccisione sregolata degli animali e alle affermazioni in favore d'una mite legge penale. Bisogna ammettere però che la vita nell'Utopia di Moro, come in molte altre, sarebbe intollerabilmente malinconica. La varietà è essenziale per la felicità, ed ad Utopia è difficile trovarne. Questo è un difetto di tutti i sistemi sociali pianificati, di quelli reali come di quelli immaginari. [Storia della filosofia occidentale, Russell]

venerdì 22 agosto 2014

Riduzionismo dogmatico ed estensionismo anarchico

Ogni comunità è esposta a due opposti pericoli: da una parte la mummificazione verso l'eccessiva disciplina e l'eccessivo rispetto per la tradizione, dall'altra parte la dissoluzione e l'assoggettamento alla conquista straniera attraverso l'accrescersi di un individualismo e di una indipendenza personale che rendono impossibile la collaborazione. In generale le civiltà importanti cominciano con un sistema rigido e superstizioso, che gradualmente si rilassa e che ad un certo punto conduce ad un periodo di brillanti geni, mentre il buono della vecchia tradizione permane ed il male inerente al suo dissolversi non si è ancora sviluppato. Ma allorché il male si manifesta, esso porta all'anarchia e poi inevitabilmente ad una nuova tirannide, che produce una nuova sintesi rafforzata da nuovo sistema dogmatico. La dottrina del liberalismo è un tentativo di sfuggire a questo ricorso senza fine. L'essenza del liberalismo è un tentativo di assicurare un ordine sociale non basato su dogmi irrazionali, tali da instaurare la stabilità senza per altro implicare maggiori limitazioni di quante non siano necessarie per la conservazione della comunità stessa. [Storia della filosofia occidentale, Russell]

domenica 10 agosto 2014

Obiettivi di trattamento del paziente borderline

 
Tipologie di pensiero disfunzionale target della TDC


1) Inferenze arbitrarie o conclusioni basate su evidenze insufficienti o contraddittorie.
2) Generalizzazioni eccessive.
3) Amplificazione ed esagerazione del significato o della rilevanza degli eventi.
4) Inappropriata e unilaterale attribuzione della colpa e della responsabilità degli eventi sfavorevoli a se stessi o agli altri.
6) Definizioni o attribuzioni negative che non aggiungono ulteriori informazioni rispetto al comportamento che le ha suscitate.
7) Catastrofizzazione o previsione di conseguenze disastrose se determinate circostanze non proseguiranno nel tempo o non evolveranno.
8) Aspettative prive di speranza, o predizioni pessimistiche basate su un attenzione selettiva ad eventi sfavorevoli del passato del presente, piuttosto che su dati verificabili.


Pattern di comportamento dialettico.


Generalmente s’intende il focalizzare l'attenzione sulle modalità comportamentali di natura dialettica ossia sollecitare il paziente a muoversi verso l'attuazione di risposte più equilibrate e integrate alle situazioni della vita all'interno delle seguenti tensioni dialettiche:


1) Miglioramento delle proprie capacità vs accettazione di sé.
2) Soluzione dei problemi vs accettazione dei problemi.
3) Regolazione degli affetti vs tolleranza degli affetti.
4) Autonomia e competenza vs ricerca di aiuto.
5) Indipendenza vs dipendenza.
6) Trasparenza vs privacy
7) Fiducia vs sospettosità
8) Controllo delle emozioni vs tolleranza delle emozioni
9) controllo/cambiamento vs osservazione.
10) Seguire/osservare vs partecipare.
11) Aver bisogno degli altri vs dare agli altri.
12) Concentrarsi su se stessi vs focalizzare la propria attenzione sugli altri
13) Contemplazione/meditazione vs azione.


Ridurre i comportamenti che interferiscono con la qualità di vita. 


La modalità di selezione di quei comportamenti che interferiscono con la qualità della vita può essere condotta attraverso l'uso degli assi I e V del DSM IV.
In particolar ei comportamenti che non siano abbastanza gravi da soddisfare i criteri diagnostici e che non determinano una significativa menomazione del funzionamento del soggetto e non ne impediscono i progressi terapeutici, non dovrebbero essere annoverati tra i comportamenti che interferiscono con la qualità della vita.


1) Abuso di sostanze
2) Comportamenti sessuali non protetti o ad alto rischio
3) Gravi difficoltà finanziari (debiti con il fisco, programmare le spese, gioco d'azzardo, incapacità di utilizzare i servizi sociali)
4) Comportamenti criminali che possono portare alla carcerazione (rubare nei negozi appiccare incendi)
5) Comportamenti interpersonali gravemente disfunzionali (scegliere partner fisicamente, sessualmente e psicologicamente violenti o prevaricatori, o interrompere prematuramente le relazioni affettive, mettere a disagio le persone fino ad avere scarse possibilità di amicizie, timidezza paralizzante, o timore di disapprovazione da parte dell'ambiente).
6) Comportamenti disfunzionali nell’'ambiente scolastico o lavorativo (prematuro abbandono scolastico, incapacità di cercare e trovare lavoro, paura della scuola difficoltà nello svolgimento dei compiti o delle attività lavorative, scelte di carriera inappropriate, farsi licenziare o prendere voti insufficienti).
7) Comportamenti disfunzionali legati alle malattie (ad esempio, incapacità di usufruire dell'assistenza medica, non assumere i farmaci necessari, abusare dei farmaci prescritti, avere paura dei medici, rifiutare di curarsi).
Comportamenti disfunzionali correlati con le esigenze abitative (vivere in ricoveri di fortuna, nelle automobili, o in appartamenti sovraffollati, abitare con conviventi violenti, non trovare fissa dimora)
9) comportamenti disfunzionali che si manifestano in contesti psichiatrici (formulare continue richieste di ospedalizzazione saltare da una prescrizione farmacologica all'altra, non riconoscere la encessità di interventi terapeutici ausiliari).
10) Pattern comportamentali disfunzionali correlati al disturbo mentale. 


Migliorare le abilità comportamentali. 


Lo skills training della TDC è stato elaborato per migliorare i deficit comportamentali di coloro che soddisfano i criteri diagnostici per il DBP. I nove criteri del DMS-IV possono essere raggruppati in cinque categorie: disfunzioni del sé (inadeguato senso dell'identità, sentimenti di vuoto); disorganizzazione comportamentale (comportamenti impulsivi, gesti autolesivi, comportamenti suicidari). disregolazione emozionale (labilità emotiva, difficoltà a gestire sentimenti dir abbia ) disorganizzazione interpersonale (relazioni affettive caotiche, ansie d'abbandono) disorganizzazione cognitiva (depersonalizzazione, dissociazione, deliri). 


Abilità nucleari di contenuto e formali.

L'obiettivo principale è lo sviluppare uno stile di vita improntato alla partecipazione consapevole e si declina attraverso l'apprendimento della capacità di osservare, descrivere e partecipare.


Osservare: imparare a prestare attenzione alle situazioni, alle emozioni e ad altre risposte comportamentali, anche se provocano disagio o sofferenza.
Descrivere: corrisponde alla capacità di descrivere verbalmente le situazioni le proprie risposte, ossia a comunicare e all'autocontrollo. L'apprendimento della capacità di descrivere richiede che il soggetto impari a non prendere alla lettera le proprie emozioni e i propri pensieri, cioè a non considerarli come uno specchio fedele e diretto degli eventi ambientali.
Partecipare: è inteso nel senso di penetrare completamente nell'attività del momento presente, senza separare se stessi dagli eventi e dalle interazioni attuali. la qualità dell'azioni è spontanea e l'interazione tra soggetto e ambiente è serena e armoniosa, basata in parte anche se mai del tutto sull'abitudine. 


Tali abilità si declinano in tre modalità, che comprendono l'assunzione di un atteggiamento mentale non giudicante, evitando di valutare le cose nei termini del giusto o sbagliato ma in relazione alle conseguenze per suggerire la modificazione dei comportamenti o delle situazioni che sono all'origine. Una seconda modalità è quella della concentrazione su una cosa sola per volta invece di frazionare l'attenzione, dirigendola su più attività, o dividerla tra attività in corso e i pensieri che riguardano altre cose. Infine vi è l'essere efficaci (cioè fare ciò che funziona in relazione a un determinano obiettivo, al di la del fatto che questo possa essere giudicato giusto o sbagliato). 


Abilità di tolleranza della sofferenza mentale / angoscia.

Sostanzialmente hanno come finalità il fatto di accettare quella quota di sofferenza e angoscia insita nella vita, senza giudicare la propria situazione e il proprio ambiente. I comportamenti finalizzati alla tolleranza della sofferenza mentale, riguardano la capacità di sopportare le crisi e di accettare per quello che è la vita in ogni momento. Quattro sono le strategie di superamento delle crisi: 
Distrarsi (svolgendo altre attività, facendo cose che possono essere d'aiuto ad altri, confrontare la situazione con quella di chi sta peggio, provando emozioni di opposta polarità, respingendo le situazioni dolorose, lasciando libero corso ad altri pensieri). Prendersi cura di se (attraverso la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto), superare il momento (attraverso l'immaginazione, la ricerca di significati, la preghiera, il rilassamento, la concentrazione su una cosa per volta, il riposo, le “vacanze”) e il considerare i pro e i contro.

Ciò che permette di raggiungere questa capacità di tolleranza della sofferenza mentale è la disponibilità, contrapposta all'ostinazione:

La disponibilità implica una rinucnia alla propria separatezza e individualità per avere accesso ai più profondi processi della vita stessa, immergendosi completamente in essi. E' la realizzazione di essere parte di un processo cosmico ultimo e, insieme, l'impegno a parteciparvi. L'ostinazione, invece, è il porsi al di fuori della fondamentale essenza della vita in un tentativo di padroneggiare, dirigere, controllare o comunque manipolare l'esistenza. Più semplicemente, la disponibilità significa dire si al mistero dell'essere vivi in ogni momento, l'ostinazione è dire no o, forse, più comunemente, "si, ma..
Ma la disponibilità e l'ostinazione non riguardano specifici eventi o situazioni. Essi riflettono, invece, l'atteggiamento intriseco dell'individuo verso il miracolo stesso della vita. La disponibilità riconosce questo miracolo,e si inchina ad esso in una sorta di reverenza. L'ostinazione, invece, lo dimentica, lo ignora o peggio, cerca attivamente di distuggerlo. Pertanto la disponibilità può apparire molto attiva e assertiva, quasi aggressiva, mentre l'ostinazione può far mostra di sé nell'apparenza della passività. Ne è un buon esempio una rivoluzione politica.

Abilità di regolazione emozionale

Molte delle difficoltà comportamentali del soggetto borderline sono riconducibili all'incapacità di regolare e modulare le emozioni dolorose (rabbia, intensa frustrazione, depressione e ansia). Questi affetti vengono vissuti come problemi da risolvere, e vengono risolti semplicemente imponendosi di non sentire ciò che stanno provando. L'esperienza dell'ambiente invalidante, capace di gestire l'emozioni cognitivamente e fortemente critico rispetto all'incapacità del borderline di fare lo stesso, rende molto difficile il potenziamento di queste capacità. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso un contesto di profonda validazione emozionale. Attraverso abilità di mindfulness, osservazione non giudicante, e descrizione delle risposte emotive del momento.

In particolare:
Identificare e denominare gli affetti è il primo passo nel processo di regolazione, ed è associato alla capacità di descrivere accuratamente il contesto entro il quale le emozioni si manifestano. In particolare bisogna prestare attenzione alla situazione che suscita l'emozione, l'interpretazione della situazione che suscita l'emozione, l'esperienza fenomenologica dell'emozione, incluse le sensazioni somatiche, i comportamenti espressivi associati, gli effetti secondari dell'emozione sul proprio funzionamento. 
Identificare gli ostacoli al cambiamento delle emozioni segue la capacità della comprensione del ruolo delle emozioni, in particolare come veicolo di comunicazione con gli altri, influenza e controllo del loro comporamento. In secondo luogo è una validazione delle percezioni e delle interpretazioni soggettive degli eventi.
Ridurre la vulnerabilità alla mente emotiva, consiste nel prendersi cura del proprio corpo, attraverso un’alimentazione bilanciata, sane abitudini alimentari, a dormire il giusto, fare esecizio fisico, prendersi cura delle malattie, evitare l'assunzione di farmaci attivi sul tono dell'umore quando non prescritti, ad incrementare l'autostima impegnandosi in attività che contribuiscano a rafforzare il senso di efficacia e competenza. L'attività di problem solving passiva, adottata dal borderline può costituire un serio ostacolo a questo obiettivo.

Abilità di efficacia interpersonale.
Gli specifici pattern comportamentali necessari all'efficacia sociale dipendono dall'obiettivo che s’intende perseguire. In particolare in questo campo i borderline hanno spesso un sufficiente e ampio repertorio di capacità interpersonali. L'efficacia sociale, tuttavia, richiede la compresenza di due abilità espressivo comportamentali, in particolare la capacità di produrre risposte automatiche alle situazioni abituali, e la capacità di fornire nuove risposte o una combinazione di risposte quando il contesto lo richiede. I pattern di risposte interpersonali, includono, l'assertività, la capacità di apprendere strategie efficaci per chiedere ciò che serve, dire di no, e gestire i conflitti interpersonali. Spesso una conoscenza di queste strategie al soggetto borderline e facile, ma la difficoltà consiste nell'applicazione ai diversi contesti per via delle risposte affettive incontrollabili.

Il pensiero dialettico, tra estensionismo e riduzionismo.


Rappresenta una sorta di sentiero intermedio tra il pensiero universalistico e quello relativistico. Il primo afferma l'esistenza di verità immutabili e universalmente valide, e di un ordine universale delle cose, la verità è assoluta e in ogni conflitto una parte è nel giusto, mentre l'altra è in errore. Il secondo sostiene che non esistono verità universali e che l'ordine delle cose dipende interamente dal sistema di riferimento di chi le osserva, la verità è relativa e nei conflitti è inutile ricercarla poiché essa dipende dalla prospettiva di riferimento dell'osservatore. 
Il pensiero dialettico, invece, sostiene che l'ordine e la verità evolvono e si sviluppano nel tempo. Nei conflitti, la verità va cercata attraverso una continua tensione verso la scoperta di ciò che viene escluso o tralasciato da ciascuna delle due parti, nella loro modalità peculiare di dare un ordine agli eventi. La verità si crea nel contesto di un nuovo ordinamento che sappia cogliere ed includere ciò che è stato precedentemente tralasciato da entrambe le parti. Il seguente esempio potrà forse essere utile: immaginiamo che una paziente sia cresciuta in una famiglia con una visione del mondo netta, e che in età adulta rifiuti tale visione e ne assuma una diversa, suscitando veemente disapprovazione della sua famiglia. Questa paziente potrà aderire alternativamente a una delle due seguenti asserzioni, a proposito della rispettiva concezione del mondo: o lei è nel giusto e la famiglia nel torto, oppure è lei che sbaglia e i suoi familiari hanno ragione. Chiunque fosse nel torto, dovrebbe rinunciare alla propria prospettiva e adottare quella della controparte. In questo caso, da un punto di vista formale, il compito dl terapeuta sarebbe quella di aiutare la paziente ad esaminare onestamente quelle delle due posizioni sia più vicina al vero, e quali siano le ragioni che le impediscono di accettare la verità, o la paziente sta adottando uno stile di pensiero disfunzionale e dovrebbe perciò modificarlo o al contrario, vede le cose correttamente e ha bisogno di sentirsi validata e di essere aiutata a credere di più in se stessa.
Un pensiero relativistico, in questo caso, partirebbe dal presupposto che nessuna delle due visioni del mondo è in sé giusta o sbagliata. In tal caso, l'obiettivo della terapia sarebbe quello di aiutare la paziente a scegliere la prospettiva a lei più utile. L'intervento terapeutico potrebbe concentrarsi sulla sua difficoltà ad assumersi al responsabilità del proprio punto di vista e del suo disfunzionale bisogno che gli altri siano d'accordo con lei o decidano in sua vece.
Un terapeuta di orientamento dialettico, invece, cercherebbe di aiutarla ad identificare i possibili fattori che, nel corso del tempo, possono aver determinato la sua visione del mondo, e ad analizzare come i suoi comportamenti abbiano, a loro volta influito sul punto di vista dei familiari e delle altre persone con le quali ella interagisce. La terapia in questo caso, sarebbe centrata sulla ricerca e la scoperta degli eventuali fattori che possano aver ostacolato l'ulteriore processo di sviluppo e cambiamento, nonché sulla modalità attraverso le quali la visione del mondo dei familiari si è anch'essa evoluta nel tempo, e sui fattori che ne impediscono ulteriori modificazioni. Il terapeuta potrebbe guidare la paziente verso al ricerca delle modalità attraverso le quali ciascuna delle due visioni del mondo sia aggiunge e consegue all'altra, il che suggerisce la possibilità di contemplare una visione del mondo senza necessariamente invalidare il proprio punto di vista. [Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, M. m. Linehan]

venerdì 1 agosto 2014

Attraversare la fantasia sociale: l'ideologia antisemita.

La debolezza cruciale dei lavori "post-strutturalisti" dedicati fino ad oggi alla critica dell'ideologia, consiste nel fatto che essi si sono limitati ad analizzare l'efficienza di una ideologia esclusivamente attraverso il meccanismo dell'identificazione immaginaria e simbolica. Infatti a prima vista potrebbe sembrare che ciò che è attinente ad un'analisi dell'ideologia è soltanto il modo in cui essa funziona nel discorso, il modo in cui la serie di significati fluttuanti (democrazia, libertà, femminismo etc.) viene totalizzata, trasformata in un campo unificato mediante l'intervento di certi punti nodali (comunismo, liberismo etc.). Ma il caso del cosiddetto "totalitarismo" dimostra ciò che vale per ogni ideologia, per l'ideologia in quanto tale: ultimo sostegno dell'effetto ideologico, del modo in cui un significato ideologico di significanti ci domina è il nucleo insensato e preideologico di godimento.

Nell'ideologia non è quindi tutto ideologia, ma anche un surplus che è ultimo supporto dell'ideologia stessa.
Ecco perché possiamo affermare che esistono due pressi complementari di critica dell'ideologia:

- Una è discorsiva, la lettura sintomale del testo ideologico che produce la decostruzione dell'esperienza spontanea del suo significato, cioè dimostra come un dato campo ideologico sia il risultato di un montaggio di significati fluttuanti eterogenei e della loro totalizzazione mediante l'intervento di certi punti nodali. 

- L'altra mira ad estrarre il nucleo di godimento, ad articolare il modo in cui un'ideologia implica manipola, produce un godimento pre-ideologico strutturato nella fantasia. 

Prendiamo l'incarnazione dell'ideologia in quanto tale: l'antisemitismo. A livello dell'analisi del discorso, non è difficile articolare il sistema di sovra-determinazione simbolica investito nella figura dell'ebreo. per prima cosa c'è lo spostamento, il trucco di base dell'antisemitismo è di spostare l'antagonismo sociale su un antagonismo tra il corpo sociale sano, e un esterno, l'ebreo quale forza che lo corrode. Perciò non è la società in sé che è impossibile, basata sull'antagonismo, al fonte della corruzione viene individuata in un essere particolare, l'ebreo. Questo spostamento è reso possibile dall'associazione tra ebrei e relazioni finanziarie: la fronte dello sfruttamento e dell'antagonismo di classe viene individuata non nel rapporto di produzione tra classe lavoratrice e classe dirigente, ma nel rapporto tra le forze produttive e i commercianti che sfruttano le classi produttive, sostituendo alla cooperazione organica la lotta di classe. La figura dell'ebreo è un sintomo nel senso di un messaggio in codice, cifrato, una rappresentazione deformata dell'antagonismo sociale: smontando lavoro di spostamento/condensazione possiamo determinarne il significato. 
Ma questa spiegazione non basta a spiegare come la figura dell'ebreo catturi il nostro desiderio, ossia come l'ebreo entra nella cornice della fantasia che struttura il nostro godimento. La fantasia è sostanzialmente uno scenario che riempe lo spazio vuoto di una fondamentale impossibilità, uno schermo che maschera il vuoto. Dietro di essa non c'è nulla e che questo nulla terrifico è proprio ciò che questa fantasia maschera. Ora è chiaro come possiamo usare questa nozione di fantasia nel campo della vera e propria ideologia: anche qui non esiste alcun rapporto di classe, la società è sempre attraversata da una frattura antagonistica che non può essere integrata nell'ordine simbolico. La scommessa della fantasia socio-ideologica è quella di costruire una visione della società che davvero esista, una società che non sia fratturata da una divisione antagonistica, una società in cui il rapporto tra le sue parti sia organico, complementare. Come possiamo allora rendere conto della distanza tra questa visione e la società effettivamente divisa dalle lotte antagonistiche? La risposta è, ovviamente, l'ebreo: un elemento esterno, un corpo estraneo che introduce la corruzione del "sano" tessuto sociale. In breve, l'ebreo è un feticcio che al contempo nega e incarna l'impossibilità strutturale della società, è come se la figura dell'ebreo questa impossibilità avesse acquistato un'esistenza concreta, palpabile, ragion per cui esso segna l'eruzione del godimento nel campo sociale. L'ebreo diviene il mezzo per il fascismo di rendere conto della propria impossibilità, di rappresentare, la propria impossibilità: nella sua presenza concreta egli è solo l'incarnazione della definita impossibilità del progetto totalitario, del suo limite immanente. L'intera ideologia fascista è strutturata come una lotta contro l'elemento che prende il posto dell'immanente impossibilità del progetto fascista stesso; l'ebreo non è che l'incarnazione feticista di un certo blocco fondamentale. 
Perciò la critica dell'ideologia deve invertire il nesso di causalità percepito dalla sguardo totalitario: lungi dall'essere la causa positiva dell'antagonismo sociale, l'ebreo non è che l'incarnazione di un certo blocco, dell'impossibilità che impedisce alla società di raggiungere la propria identità piena quale totalità chiusa e omogenea. Lungi dall'essere la causa positiva della negatività sociale, l'ebreo è un punto in cui la negatività sociale in quanto tale assume un'esistenza positiva. In questo modo, riusciamo ad articolare un'altra formula della prassi fondamentale della critica dell'ideologia. Individuare in una data costruzione ideologica l'elemento che al suo interno ne rappresenta l'impossibilità. Non è l'ebreo che impedisce alla società di raggiungere la sua piena identità, la sua stessa natura antagonistica; è il suo stesso blocco immanente che lo impedisce, ed essa proietta questa negatività interna sulla figura dell'ebreo. Ciò che è escluso dal simbolico (dalla cornice dell'ordine socio-simbolico corporativo) ritorna nel reale come costruzione paranoica dell'ebreo. 

Gli ebrei rappresentano un sintomo sociale: sono il punto in cui l'antagonismo sociale immanente assume una forma concreta, il punto in cui diventa ovvio che la società non funziona, che il meccanismo sociale scricchiola. Se lo osserviamo attraverso la cornice della fantasia l'ebreo appare come un intruso che porta dall'esterno disordine, disintegrazione e corruzione dell'edificio sociale. Esso appare come causa esteriore e concreta la cui eliminazione permetterebbe di ristabilire ordine, stabilità e identità. Ma attraversando il fantasma dobbiamo allo stesso tempo identificarci con il sintomo: dobbiamo riconoscere nelle proprietà attribuite all'ebreo il prodotto necessario del nostro stesso sistema sociale: dobbiamo riconoscere negli eccessi attribuiti agli ebrei la verità su noi stessi. [L'oggetto sublime dell'ideologia, Zizek]